8xmille alla Chiesa Cattolica, una firma che fa bene: il progetto Caritas per detenuti a San Giacomo in via Arginone a Ferrara
di Andrea Musacci
Scontare gli ultimi mesi della pena fuori dal carcere. Una possibilità prevista dal nostro ordinamento e a Ferrara resa possibile grazie al progetto “FuoRiUscire”, iniziativa promossa dalla Caritas diocesana grazie ai fondi dell’8xmille, finalizzata al reinserimento sociale di detenuti che possono beneficiare di misure alternative alla detenzione, con residuo di pena inferiore ai due anni.
Attualmente sono quattro i detenuti accolti nel Centro San Giacomo di via Arginone (e altri due sono stati accolti in precedenza): Ehis, Nabil, Yahya e Massimiliano. L’appartamento dove vivono fa parte dell’ex complesso parrocchiale, riconvertito dopo la costruzione, poche decine di metri più in là, del Nuovo Complesso San Giacomo Ap. (UP San Giacomo Ap.-Cassana-Mizzana).
PROGETTO NATO IN CARCERE
Il progetto “FuoRiUscire” nasce dalla collaborazione tra Caritas diocesana, Migrantes e i servizi educativi della Casa Circondariale di Ferrara avviata a giugno del 2021 per il sostentamento dei detenuti indigenti: un gruppo di 13 volontari della Caritas gestisce infatti, sempre grazie ai fondi dell’8xmille, all’interno del carcere un piccolo emporio per la distribuzione di indumenti, prodotti per l’igiene personale, alimenti (caffè, zucchero, biscotti, cioccolata). Dall’incontro con i detenuti e con le educatrici del carcere era emersa anche la difficoltà di attivare misure alternative (affidamento in prova, semi-libertà, domiciliari) perché molti detenuti, che pure ne potrebbero beneficiare, non hanno punti di riferimento all’esterno del carcere. Rispetto alla condizione dei detenuti indigenti, soprattutto stranieri, si era registrata una difficoltà ad intraprendere azioni positive tese al reinserimento sociale. Difficoltà linguistiche, differenze culturali, e la generale mancanza di punti di riferimento stabili nell’ambiente esterno pregiudicano, infatti, l’attuazione di programmi rieducativi e alimentano condizioni di disadattamento. I quattro detenuti attualmente a San Giacomo erano stati segnalati dalle educatrici del carcere per la loro buona condotta, e perché, durante la detenzione, avevano frequentavano la scuola e scelto di lavorare in cucina e come scopini.
Così, da luglio 2022 sono stati accolti i primi di loro, per i quali viene predisposto un percorso di reinserimento sociale che prevede il loro coinvolgimento nelle attività di volontariato e l’attivazione di tirocini (attualmente, per tre di loro) di 25 ore settimanali. Per quanto riguarda i tirocini lavorativi, il progetto prevede anche la collaborazione con IAL Emilia-Romagna.
I quattro detenuti a S. Giacomo sono ora impegnati nel Centro Caritas di via Brasavola (e in altri immobili gestiti da Caritas per l’accoglienza) nell’ambito della cucina, della gestione dello scarico merci e del magazzino, o per ogni altro lavoretto utile. Nel loro appartamento in via Arginone (al piano terra due camere da letto e cucina, al piano rialzato il bagno) si autogestiscono dividendosi i compiti. Nel retro, hanno anche allestito e curato un piccolo angolo relax con divanetti, fiori e piante. Un’ottima “palestra” di socialità, dunque, attraverso la condivisone della quotidianità domestica.
L’EMPORIO IN CARCERE
Come accennato, dal 2021 un gruppo di volontari e volontarie presta servizio all’interno della Casa Circondariale di Ferrara, dove la Caritas gestisce un piccolo emporio (aperto due volte la settimana) per la distribuzione di generi di prima necessità ai detenuti indigenti. Nel 2022 ha prestato assistenza a 273 detenuti (44% italiani, 66% stranieri) su un totale di 360.
«Il grosso del bisogno è ancora dentro il carcere: bisogna creare più contatti con l’esterno», ci spiega Michele Luciani, operatore Caritas di Ferrara che, quotidianamente, si reca nella struttura di San Giacomo. D’altra parte, anche i numeri parlano chiaro: secondo il 19° rapporto dell’associazione “Antigone”, nel nostro carcere cittadino si sono contati 79,6 episodi di autolesionismo ogni 100 detenuti. Caritas, inoltre, aiuta le famiglie dei detenuti in difficoltà se vi è richiesta da parte degli stessi carcerati. «Ci siamo resi disponibili ad accogliere persone in semilibertà (il giorno possono uscire per lavorare, ndr), ma per ora le nostre proposte non sono state accolte», prosegue Luciani. Chi vuole aiutare i detenuti – è l’appello di Caritas – ha varie possibilità: offrire loro lavoro (con l’affidamento in prova); ospitare coloro che possono usufruire delle misure alternative, offrendo appartamenti sfitti; fare una donazione in denaro (https://www.caritasfe.it/come-contribuire/), specificando nella causale “Aiuto carcere”; donare abbigliamento “comodo”, come tute e scarpe da ginnastica.
GLI ALTRI AMBIENTI A SAN GIACOMO APOSTOLO
Nel 2018 la comunità di San Giacomo e l’intera Arcidiocesi parteciparono alla posa della prima Pietra della nuova chiesa: fu la tappa fondamentale di un percorso iniziato nel 2011, quando la nostra Chiesa locale venne scelta per la progettazione di un complesso parrocchiale grazie a un concorso nazionale CEI. La Dedicazione del nuovo luogo di culto è avvenuta il 16 ottobre 2021.
Nell’ex complesso parrocchiale, oltre all’appartamento per i detenuti, è presente la scuola d’infanzia gestita dalla coop. “Il Germoglio”, un mercatino parrocchiale e altri appartamenti che dall’anno scorso ospitano alcuni nuclei familiari di profughi ucraini, attualmente quattro (due sorelle, due mamme ognuna con un figlio, una donna con la madre anziana e il nipote). Il progetto di accoglienza dei detenuti verrà comunque riportato alla sua modulazione iniziale al termine dell’emergenza Ucraina. Infine, l’ex chiesa e alcuni ambienti della parrocchia di San Giacomo Apostolo, da novembre del 2021 sono diventate il luogo di culto e la parrocchia della Comunità Ortodossa Russa dell’Icona della Madre di Dio di Kazan, guidata da padre Igor Onufrienko. Prima del sisma del 2012, le funzioni la comunità le celebrava nella chiesa di S. Stefano e poi a S. Francesca Romana.
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Nabil, marocchino, vive a S. Giacomo da luglio ’22. La sua pena, di 11 anni, finirà a luglio ’23. Massimiliano e Yahya (pakistano) abitano qui da fine ’22 e sono entrati in carcere nel ’19. La pena del primo finirà a luglio ’24, quella del secondo a novembre. Ehis, nigeriano, è in carcere dal ’17 e abiterà a S. Giacomo per un anno, fino al prossimo agosto.
Articolo pubblicato su “La Voce di Ferrara-Comacchio” del 16 giugno 2023