Volontari in carcere: l’emporio Caritas per i più poveri

Viaggio nella Casa Circondariale di Ferrara attraverso le testimonianze delle volontarie e dei volontari che gestiscono l’emporio interno. Un’esperienza che cambia tutti

Un mondo altro, ma per certi versi non così diverso da quello esterno. Un’esperienza che cambia in profondità sia chi la vive come volontario sia come detenuto. È particolarmente toccante raccogliere le testimonianze delle volontarie e dei volontari Caritas che due volte alla settimana, ogni settimana, si alternano nell’emporio all’interno della Casa Circondariale “C. Satta” di Ferrara.

 

COME FUNZIONA L’EMPORIO IN CARCERE

Sono in tutto 124 donne e 8 uomini – i volontari Caritas che da giugno 2021 gestiscono l’emporio del carcere ogni lunedì (per le prime tre sezioni del carcere) e giovedì (dalla sezione quarta all’ottava), dalle 9.30 alle 11.30, alternandosi in gruppi di tre per ogni turno. Qui si occupano di mantenere la contabilità e la registrazione degli accessi (i dati dei detenuti che si rivolgono all’emporio, le scadenze per il ritiro dei beni), e la distribuzione del materiale.

All’emporio possono accedere – ognuno ogni due settimane – detenuti considerati “poveri” (che hanno, cioè, meno di 100 euro sul proprio conto) per ricevere abbigliamento intimo, tute, camicie (per incontri coi famigliari o con l’avvocato in tribunale), scarpe da tennis, ciabatte, shampoo, bagnoschiuma, sapone liquido, spazzolini, dentifrici, detersivo per lavare i pavimenti. Lo stesso per i cosiddetti “nuovi giunti”, cioè quelle persone da poco tempo detenute.

Il materiale dell’emporio proviene da donazioni di privati e da raccolte solidali ad hoc organizzate da parrocchie e associazioni del nostro territorio. I detenuti, utilizzando il proprio denaro, possono anche chiedere ai volontari – previa richiesta all’Amministrazione del carcere – di acquistare loro altri beni, come ad esempio un modello particolare di scarpe, o un libro.

 

UN MONDO DIVERSO (MA NON TROPPO)

«Per chi vive all’esterno del carcere, alcune dinamiche interne sfuggono, non sono facilmente comprendibili», ci spiegano alcune volontarie. «Quello detentivo è un mondo davvero altro, la percezione dei tempi e degli spazi è molto differente rispetto all’esterno». Poi arriva la possibilità di entrarvi, pur una volta alla settimana, come volontario. E lo sguardo sul “dentro” e sul “fuori” si modifica: «le prime volte che ho avuto l’opportunità di viverlo – racconta una volontaria – mi ha colpito il vedere e sentire i cancelli e le porte che, passaggio dopo passaggio, si chiudevano dietro di me», col conseguente «bisogno – dopo un po’ – di aria, di uno spazio aperto». Sensazioni, queste, «che col tempo e l’abitudine sono diminuite ma non del tutto svanite».

 

LA SPERANZA, OLTRE AL BAGNOSCHIUMA

«Prima di entrarci come volontaria – è un’altra testimonianza -, lo percepivo come un mondo a sé», le cui mura dividevano fisicamente i “buoni” dai “cattivi”. «E invece prestandovi servizio ho scoperto un mondo da valorizzare, incontrando tante persone detenute che nutrono un sincero desiderio di riscatto». Nel loro piccolo, i volontari cercano di «dare loro strumenti di riscatto, segnali per poter comprendere che la loro vita può cambiare». È quella carità fatta non solo, non tanto di beni materiali da distribuire ma di gentilezza, di affetto, di tanti piccoli atteggiamenti che fanno sentire l’altro accettato, riconosciuto non solo nel suo bisogno ma nella sua dignità. Gesti che diano loro speranza in una trasformazione personale, trovando dentro di sé risorse che non sanno di avere o hanno dimenticato.

Una volontaria Caritas ci racconta, ad esempio, come alcuni detenuti giovani dell’emporio la chiamino “mamma”: «a livello umano è qualcosa di forte, ti rendi conto che non solo dai ma ricevi anche tanto».

 

BISOGNO DI VICINANZA

Il sentirsi detenuti dentro un carcere significa molto spesso percepirsi come esclusi dalla vita, dalle relazioni. Si percepisce il mondo là fuori non solo come distante ma come ostile o indifferente. E viceversa. «Dentro abbiamo trovato tanta umanità», ci raccontano invece i volontari Caritas. «A volte qualche detenuto che si rivolge al nostro emporio, pretende da noi, ad esempio che gli diamo qualcosa che non possiamo dargli, o di riceverla più spesso, ma in generale ci rispettano molto, ci ringraziano, a volte ci raccontano anche le loro storie». In ogni caso, «non si sentono giudicati da noi».

Quella lontananza di cui dicevamo, a volte è acuita se i famigliari, i parenti e gli amici del detenuto vivono lontano (spesso fuori dall’Italia) o se hanno scelto di tagliare tutti i ponti con lui. O se una famiglia non ce l’hanno più. Ma emergono dalle testimonianze dei nostri volontari anche aneddoti commoventi, come quello di un detenuto che coi soldi che guadagnava lavorando nelle cucine del carcere, ha comprato un giocattolo per la propria figlia. Un modo, anche questo, per sentire meno il distacco, per rimanere aperti agli affetti, alla vita.

 

DONA MATERIALE PER I DETENUTI POVERI DEL CARCERE DI FERRARA

Il nostro emporio ha bisogno di essere rifornito di scarpe da ginnastica e ciabatte (numeri dal 42 in su), tute (taglie dalla L in su), asciugamani, calze, mutande, shampoo e bagnoschiuma.

Contattaci: Telefono: 388 9706494 – mail: info@caritasfe.it