I bisognosi non come “utenti” ma persone con cui condividere spazi e tempi di prossimità. Una maggior collaborazione tra i volontari Caritas Ferrara, e tra la stessa e altre associazioni solidali. Un progetto per gli studenti di UniFe. Suggestioni e proposte dopo il Convegno nazionale delle Caritas diocesane
“Agli incroci delle strade. Abitare il territorio, abitare le relazioni” è il titolo del 43° Convegno nazionale delle Caritas diocesane che ha riunito dal 17 al 20 aprile a Salerno 660 delegati da 173 Diocesi. Quattro giorni di testimonianze e interventi che hanno messo in evidenza la necessità di “abitare il territorio con creatività”, mettendo al centro la comunità, rendendo i poveri protagonisti dei processi decisionali. Non a caso, il sottotitolo dell’evento recitava così: “Camminare insieme sulla via degli ultimi, per cercare i lontani e invitare gli esclusi”.
Per la nostra Caritas diocesana hanno partecipato il Direttore Paolo Falaguasta e l’operatore Michele Luciani. È proprio quest’ultimo a raccontarci che cosa si “porta a casa” di quest’intensa esperienza.
UNIVERSALE E LOCALE: IDEE CALATE NELLA REALTÀ
«Ritrovarsi assieme a Salerno fra delegati Caritas da tutta Italia, oltre che un piacevole momento di incontro, rappresenta uno stile, un metodo di lavoro, un modello organizzativo per costruire comunità intorno ai servizi per le persone bisognose», ci spiega Luciani.
Per questo, «se le Caritas parrocchiali trovano nella loro Caritas diocesana un luogo permanente di confronto e discernimento, allo stesso modo le Caritas diocesane trovano nella propria Caritas regionale un punto di riferimento per il confronto e la formazione permanente». Come Caritas Ferrara, a livello regionale siamo parte di diversi tavoli fra i tanti (Immigrazione, Servizio civile e proposte educative per i giovani, Centri di ascolto, Osservazione povertà, oltre a partecipare al Gruppo di lavoro dei Direttori diocesani). Da questi tavoli, ogni Regione esprime propri delegati regionali per analoghi tavoli nazionali di Caritas Italiana.
«Questo metodo di lavoro è importante in un duplice senso», prosegue Luciani: da una parte, universale (la carità come tema generale, la promozione e l’educazione della solidarietà), «che fa convergere in una lettura integrata»; dall’altra parte, nel senso di tradurre questi valori (carità, solidarietà, fratellanza) in esperienze particolari, locali, «mostrando come questi siano concetti non astratti ma calati nella realtà», nelle singole esperienze territoriali.
SPAZI E TEMPI CONDIVISI: IL PROTAGONISMO DEI POVERI
«La politica è la forma più alta di carità», diceva papa Pio XI, concetto poi ripreso dai successivi pontefici. E in questo solco sono state diverse le suggestioni dal Convegno salernitano, in particolare nell’intervento di Giovanni Laino, docente all’Università Federico II di Napoli.
«Le strade della carità – riflette ancora Luciani – non sono fatte per viaggi solitari, ma sono luoghi di incontro e di relazione. La carità si fa quindi politica quando i servizi di carità per la comunità diventano servizi della comunità. Il nostro caro don Paolo Valenti a noi giovani obiettori di coscienza diceva che l’obiettivo ultimo della Caritas è quello di scomparire», perché diventata “inutile”. «È una provocazione attuale, non ancora adeguatamente recepita», prosegue Luciani. «Significa che la Caritas dovrebbe scomparire nella comunità, coinvolgendola a fondo e lasciandosi coinvolgere dalla stessa, non solo nella gestione dei servizi ma anche nella lettura dei bisogni, nel discernimento e nelle decisioni prese insieme, poveri inclusi». Poveri che, quanto i ricchi, sono a pieno titolo «soci della società».
Andare verso le periferie, per Luciani, significa dunque «decentrarsi, accettando le incognite del cammino: per far questo bisogna avere coraggio, bisogna sapersi prendere dei rischi». Senza questo coraggio non si potrà dar vita a una «carità che valorizzi il protagonismo dei poveri». Non si tratta però di creare nuove forme di delega: «ciò si attua soprattutto nelle relazioni di prossimità, non solo nelle lotte di emancipazione. Lo spirito della Caritas non è “rivoluzionario” ma autenticamente uno spirito di servizio che si esprime umilmente, per creare spazi e tempi quotidiani condivisi, promiscui», superando polarità tra chi comanda e chi è comandato. Nel Vangelo Gesù diceva ai discepoli: «vi ho chiamato amici» (Gv 15,12-17). «Ogni giorno – riprende Luciani – possiamo condividere questa amicizia, abitando assieme quegli incroci con coraggio, condividendo la gioia. La mia stessa esperienza ventennale in Caritas è ricchissima di questi incontri, di umanità, tanto che io stesso rischio di non accorgermene più, in una sorta di iperimmersione nel mio servizio, quindi di assuefazione che a volte non mi fa più vedere la bellezza, la speranza, la gioia, la salvezza che l’incontro con gli altri porta. A volte abbiamo bisogno di quel sacrosanto silenzio per dire e ridire dentro di noi: “Signore, quando passi non scordarti di fermarti a casa mia”».
I delegati dell’Emilia-Romagna presenti al recente Convegno di Salerno
TRE PROPOSTE DALLA NOSTRA CARITAS: GRUPPO DI VOLONTARI, COLLABORAZIONE CON VIALE K, PROGETTO PER I GIOVANI UNIVERSITARI
Gioia e coraggio come essenza di uno stile evangelico sempre da riscoprire. Gioia e non ansia: piccoli gesti da compiere, non obiettivi stratosferici. Un lavoro rinnovato che, è sempre importante sottolinearlo, non può non prescindere dall’ importanza di «comunicare meglio ciò che facciamo e i segni di speranza che ogni giorno raccogliamo nell’incontro con le persone del nostro servizio». Da qui anche l’uso maggiore del nostro sito web (https://www.caritasfe.it/), dei nostri social (https://www.facebook.com/caritasferrara/ – https://www.instagram.com/caritas_ferrara/) e la ricerca di linguaggi più semplici e immediati.
Per questo, ci spiega Luciani, la nostra Caritas diocesana propone tre progetti “arditi” di condivisione, con uno sguardo nuovo sui servizi di carità.
1. Il gruppo di coordinamento dei volontari Caritas. C’è bisogno di un maggiore coinvolgimento dei volontari di Caritas Ferrara anche nel monitoraggio delle attività, nella lettura dei bisogni e nella programmazione: per questo, come Caritas Ferrara «vogliamo costituire un gruppo di rappresentanza dei gruppi di volontari della nostra Caritas impegnati nei vari servizi (mensa, accoglienza ecc.)». Un gruppo formato da un rappresentante di ogni gruppo di volontari per i vari servizi, che si ritrovi almeno una volta al mese per mettere insieme le varie esperienze. «Anche questo significa decentrarsi, seguendo percorsi non pensati dal Direttore o dagli operatori ma in modo partecipato». In pieno stile sinodale, potremmo dire.
2. Collaborazione con Viale K per i senza fissa dimora. «Stiamo lavorando – prosegue Luciani – a un progetto pensato per le persone senza fissa dimora (guardaroba, lavanderia, servizio docce) assieme all’Associazione Viale K. «Un servizio che sarà presente negli ambienti dell’ex parrocchia di San Giacomo all’Arginone», coordinato da un gruppo di volontari che, solo dopo essersi formato, imposterà nel dettaglio il servizio, agendo così “dal basso”.
3. L’Anno di Volontariato Sociale per studenti di UniFe. Dopo la conclusione dell’esperienza del Sevizio Civile nella nostra Caritas diocesana, «abbiamo pensato di elaborare proposte nuove, meno artificiose, che incontrino di più la realtà. Facciamo, quindi, ai giovani universitari una proposta di impegno, che tenga anche conto della flessibilità di orari di cui hanno bisogno». È l’Anno di Volontariato Sociale: la possibilità di un’esperienza in Caritas in cambio di una borsa di studio. Un progetto portato avanti da Caritas Ferrara in collaborazione con l’Ufficio diocesano per la Pastorale Giovanile e con la Migrantes diocesana. Ne riparleremo meglio a breve.