Emergenza Ucraina, il progetto di Caritas per ridare casa e speranza a chi fugge dalla guerra

La guerra in Ucraina ha diviso famiglie, ma ha anche unito persone, nella solidarietà.

Fin da febbraio 2022 il mondo di Caritas Ferrara si è aperto all’accoglienza, ed è così che le storie di tre donne, si sono incontrate, in una straordinaria esperienza umana.

Vita, fuggita dal conflitto per garantire cure adeguate al figlio con disabilità, Kateryna, ucraina come lei, ma da tempo in Italia e operatrice sociale, Ornella, pensionata volontaria: il progetto Emergenza Ucraina le ha fatte incontrare, ma l’aiuto non è stato univoco, ognuna ha dato qualcosa di importante all’altra.

Vita e suo figlio Artem, vengono da Vinnycja, nell’Ucraina centrale, a circa 200 km da Kiev.
«Sono arrivata in Italia a marzo 2022, con mio figlio, che ora ha 12 anni. La città era sotto bombardamenti e siamo scappati. Dopo una settimana dai parenti, con mio marito abbiamo deciso di andare oltre confine perché restare era troppo pericoloso. Artem ha una disabilità e con la carrozzina non potevano muoverci liberamente durante i bombardamenti, nemmeno i rifugi erano adeguati alle nostre necessità. Così siamo andati in Romania, da lì mio marito ci ha caricati su un autobus e poi è dovuto tornare indietro».  Una volta in Italia, dopo alcuni passaggi in attesa dei documenti, nell’agosto del 2022, sono stati accolta da Caritas, nella struttura di Casa Betania, che è tuttora la loro residenza.

Kateryna conosce bene quel percorso, anche lei è arrivata dall’Ucraina nel 2005, a 21 anni, con il sogno di vivere in Italia.
«All’inizio è stata più dura del previsto, ho dovuto combattere tanto per integrarmi».
La sua laurea in sociologia qui non è riconosciuta, quindi deve ripartire dalla terza media, poi due anni di superiori all’alberghiero e finalmente il primo lavoro in un hotel, ma il Covid sconvolge di nuovo i suoi piani, l’albergo chiude e lei decide di riprendere a studiare e proprio quest’anno si diplomerà in elettronica.

«Ho incontrato tanti ostacoli, mi ricordo ancora quando volevo affittare un appartamento e gli altri inquilini del condominio mi hanno rifiutato. Oggi, dopo lo scoppio della guerra, c’è più comprensione».

Il lavoro di Kateryna in Caritas inizia nel 2022, anche per lei un anno decisivo. Vede un annuncio in cui cercano un mediatore culturale per i suoi connazionali, manda il curriculum e grazie alla sua formazione, entra progetto Emergenza Ucraina.

È stata lei la prima a occuparsi di Vita. All’inizio non è stato facile perché non c’era un luogo attrezzato per un minore con disabilità, poi piano, con l’aiuto di tanti, si è riusciti ad adattare un ascensore e a trovarle una stanza dove anche Artem potesse muoversi con più facilità.

Oggi il ragazzo va a scuola, frequenta l’associazione Anfass e fa anche altre attività, in questo modo Vita ha più tempo da dedicare alla scuola. In Ucraina era ragioniera e pochi mesi prima che scoppiasse la guerra lei e altre mamme di bambini disabili avevano aperto un asilo per loro. Ma poi tutto è cambiato.

Nel suo racconto, Vita cede alle emozioni solo poche volte, e con lei si commuovono anche Ornella e Kateryna. Quando pensa ai progetti per il futuro, il futuro diventa incerto. «Pensavamo di tornare in Ucraina presto, che questa fosse una sistemazione temporanea. Mio marito lavora in Ucraina, ci sentiamo tutti i giorni, lui lì ha una mamma di cui occuparsi e anche i miei genitori sono rimasti lì e sono anziani, quindi per lui è difficile venire via e raggiungerci qui. Io ancora spero di tornare a casa mia, anche se qui mi hanno dato le condizioni più confortevoli, nei limiti del possibile, per me e per Artem. Grazie a loro mi sento sicura».

Ornella era arrivata da poco quando è scoppiata la guerra in Ucraina. «Mi ricordo ancora il giorno in cui queste ragazze hanno iniziato ad arrivare, nel freddo di febbraio, con le loro valige, è stato devastante. Sono rimasta però colpita dalla loro profonda dignità, non si sono mai lamentate, conoscerle è stato un arricchimento emotivo fortissimo. Certo erano diffidenti all’inizio ma poi si è creata una bella amicizia».

Ha 68 anni ed è un’insegnante di inglese in pensione.
«Il riposo non faceva per me. Un giorno di due anni fa, passavo per caso davanti alla sede di Caritas in via Brasavola, ho visto una signora lì fuori e le ho chiesto come potevo aiutare, lei mi ha dato un numero di telefono e così è cominciata la mia esperienza di volontaria: meravigliosa e gratificante, anche se faticosa, perché mi tiene impegnata la mattina e spesso il pomeriggio. Alle donne ucraine insegno italiano perché possano inserirsi nella vita quotidiana e per ottenere la certificazione per il lavoro. Sono tutte istruite, erano impiegate, avvocati, dirigenti di azienda, ma qui devono ricominciare daccapo».

Dal 24 febbraio 2022 ad oggi la Caritas di Ferrara ha preso in carico, nei suoi Centri di accoglienza straordinari e in famiglie accoglienti, 118 persone provenienti dall’Ucraina.
Alcune sono tornate a casa, altre hanno abbandonato il progetto, altre ancora si sono integrate, lavorano e hanno una loro casa, oppure c’è chi si è spostato in Cas diversi.
Ventinove sono ancora ospiti di Caritas: mamme con bambini, e in alcuni casi anche con i mariti che sono riusciti ad arrivare fino in Italia.
Il progetto originale è nato molto tempo fa per i richiedenti asilo e poi si è prestato a diventare un progetto di emergenza per gli ucraini, perché le necessità sono le stesse: vitto e alloggio in primis, oltre ad assistenza scolastica, supporto occupazionale, lingua e integrazione in generale.

«Ogni giorno – aggiunge Kateryna – ci occupiamo di aiutare queste persone nel quotidiano come per esempio andare dal dottore, chiedere spiegazioni sui farmaci, sulle cure. Qui è tutto diverso rispetto all’Ucraina, non è solo una questione di idioma, sono diversi i farmaci e gli iter burocratici. Li seguiamo e aiutiamo nell’inserimento scolastico dei figli, nella ricerca di lavoro».

Qui le donne ucraine non sono più sole, e, nonostante le difficoltà, hanno potuto condividere una ricchezza inestimabile, quella del cuore.

È arrivato Babbo Natale! Grande festa per i nostri bambini accolti

Sacchi stracolmi di giocattoli, cioccolatini, libri e prodotti per neonati sulle spalle di un Babbo Natale davvero speciale…E gli occhi stupendi dei bambini che si illuminano di gioia e di stupore…

Ieri, 22 dicembre, il nostro operatore Carlo ha indossato l’abito rosso di Santa Claus (con annessa lunga barba bianca) per portare tanti doni speciali ai bambini e alle bambine accolte con le loro madri nei nostri appartamenti.

I regali sono stati preparati con amore ed estrema cura dalla nostra operatrice Zina e dalla studentessa volontaria Miriam e distribuiti, oltre che da Babbo “Carlo” Natale, anche dalle operatrici Elisa e Marika.

Una giornata di grande festa, dunque. Il nostro augurio è che questa gioia e questa speranza non abbandonino mai i cuori dei bambini e delle loro madri!

Bisogni e relazioni: ecco il 2023 della Caritas diocesana

Pacchi viveri per oltre 600 famiglie, 45mila pasti in mensa, 200 famiglie accolte, oltre 2mila persone negli ambulatori: sono alcuni dati di 12 mesi di servizio agli ultimi

Nel 2023 si è rinnovato l’impegno della Caritas diocesana di Ferrara- Comacchio a sostegno dei più bisognosi, attraverso la promozione di servizi di assistenza e accoglienza nei quali l’attenzione ai bisogni materiali dei poveri si associa sempre alla cura delle relazioni, in una dimensione di comunità che coinvolge la Chiesa locale e la società civile, per educare alla solidarietà e costruire insieme una città più giusta e accogliente.

Nell’azione sociale delle Caritas assume una rilevanza fondamentale la partecipazione, personale e diretta, alle opere di Carità. I servizi della Caritas sono la casa comune in cui chiunque può mettersi all’opera e accettare la provocazione: aiuta i poveri tu, a casa tua, creando una dimensione “nostra” di quotidianità e prossimità, in cui la carità diventa agibile in modo semplice e concreto. 

Riportiamo di seguito i dati riferiti alle persone assistite dalla Caritas nella nostra Diocesi. 

DISTRIBUZIONE ALIMENTI

Nell’anno 2023, abbiamo assistito complessivamente 1842 beneficiari tramite il servizio di distribuzione alimenti (pacco mensile) per un totale di 613 nuclei famigliari composti, per la maggioranza, da genitori di età relativamente giovane con 3 o più minori a carico. La composizione dei nuclei risulta essere abbastanza eterogenea per nazionalità ed età dei componenti, rimane tuttavia invariato il trend per il quale sono le donne ad assumere il ruolo di capofamiglia. Ben 954 tessere Caritas risultano infatti essere intestate ad una donna. Questo servizio, data la sua non immediata fruibilità, è richiesto per oltre il 90% da nuclei che dispongono di un alloggio, ma non hanno risorse sufficienti per arrivare in autonomia alla fine del mese.

GUARDAROBA SOCIALE

Il servizio di guardaroba sociale si rivolge prevalentemente a persone attualmente senza dimora e/o domiciliate presso uno dei dormitori attivi sul territorio ferrarese. Nel 2023 si sono rivolte al servizio 185 persone, in prevalenza uomini (106) con cittadinanza non italiana. Come già riscontrato per la distribuzione viveri, la fascia di età che maggiormente richiede assistenza risulta essere relativamente giovane: si registra un picco nella fascia di età compresa tra 41e 50 anni seguita immediatamente dalla fascia 31-40.

MENSA SOCIALE

Presso il Centro Caritas è attiva anche una mensa sociale ad accesso libero (non è prevista alcuna procedura di identificazione dell’utenza che ne usufruisce) aperta sette giorni su sette, festività comprese, per colazione e per pranzo. La mensa, gestita da squadre di volontari sia per la preparazione che per la distribuzione dei pasti, nel corso del 2023 ha servito complessivamente 9.100 colazioni e 36.400 pranzi.

ACCOGLIENZA DIRETTA

La Caritas è impegnata anche in attività di accoglienza diretta in collaborazione con la Prefettura, i Servizi Sociali territoriali e/o pronta accoglienza in emergenza. Attualmente, sia presso la struttura di Casa Betania sia in gruppi appartamento autonomi, sono accolti in totale 200 nuclei (donne sole e/o famiglie mono genitoriali al femminile) e 60 bambini in età 0-8 anni.

In supporto agli accolti, nel progetto di accoglienza, è previsto anche un supporto psicologico, un’assistenza legale, un accompagnamento per la durata del progetto di un’assistente sociale.

Per gli ospiti che necessitano di apprendere la conoscenza della lingua italiana, è attiva una scuola di italiano presso la sede stessa dell’Ente composta da un’insegnante e da diversi volontari.

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POLIAMBULATORIO

Il Poliambulatorio conta 15 medici e 3 infermieri che sostengono le diverse attività degli ambulatori medici che sono principalmente concentrate in medicina di base, ginecologia, pediatria, neurologia, ecografia e attività infermieristiche. Tutte le attività svolte presso gli ambulatori si rivolgono prevalentemente a persone senza fissa dimora e/o stranieri impossibilitati ad ottenere assistenza medica. 

Nel 2023 si contano 2336 visite sostenute dalle varie specialità.

La nuova sfida che affiancherà quelle già esistenti è un nuovo progetto realizzato in collaborazione con la Fondazione Fornasini: “Crescere Insieme”.  

Un progetto dedicato a bambini tra 0 e 6 anni, che ha come finalità quella di favorire lo  sviluppo fisiologico del bambino sostenendo la madre migrante nel suo accudimento e che rappresenta per  noi una sfida ed un investimento per il futuro. Nell’attività dei nostri ambulatori, infatti, sono stati rilevati elementi di fragilità delle madri e difficoltà dei bambini in diversi ambiti del loro sviluppo che incidono pesantemente al momento dell’ingresso in ambito scolastico. 

Il progetto ha sede in viale Po a Ferrara con la collaborazione di una rete di professionisti che sta lavorando e avviando percorsi di sostegno individuale e di gruppo.

EMPORIO IN CARCERE

A partire dal 2022 la Caritas gestisce l’Emporio presente all’interno della Casa Circondariale di Ferrara e ha continuato tale impegno anche nell’anno 2023 assistendo 188 detenuti (46% italiani, 54% stranieri) per un totale di 2165 accessi. L’Emporio è una risorsa fondamentale per quei detenuti che, in mancanza di risorse economiche proprie e/o di familiari all’esterno che possano prestare loro assistenza, avrebbero un accesso limitato a beni di prima necessità  come abbigliamento, prodotti per la pulizia personale (shampoo, bagnoschiuma e dentifricio), prodotti per  la pulizia degli spazi e alimenti.

ACCOGLIENZA, TIROCINI E LAVORI PER DETENUTI

Parallelamente all’assistenza all’interno della Casa Circondariale, presso il Centro San Giacomo di via Arginone 165, la Caritas offre accoglienza a detenuti che potrebbero beneficiare di misure alternative alla detenzione, ma che sono sprovvisti di un alloggio proprio nel quale scontare il periodo di detenzione sino a fine pena. Oltre all’accoglienza, per questi detenuti, è prevista l’attivazione di un tirocinio lavorativo di inclusione sociale presso la sede della Caritas per facilitare il loro reinserimento lavorativo una volta tornati in libertà. 

Parallelamente all’accoglienza residenziale dei detenuti, sono attive altre modalità di assistenza dedicate sia a chi può o beneficiare di misure alternative alla detenzione (possibilità di svolgere lavori di pubblica utilità o periodi di messa alla prova presso la sede Caritas) sia a chi gode del beneficio di semi-libertà (possibilità di uscire di giorno in orari prestabiliti per svolgere attività presso l’Ente, ma obbligo di rientrare presso la Casa Circondariale al termine di tali attività).

Fondamentale per la realizzazione di tutte queste attività sono l’impegno costante e la dedizione dei 142 volontari impegnati quotidianamente presso la sede Caritas che si coordinano nella gestione e nell’esecuzione delle singole attività.

Da quest’anno, in aiuto ai volontari, ci sono anche 12 studenti universitari impegnati in un anno di volontariato sociale. 

CERCASI AUTISTI

Per chi fosse interessato, siamo sempre alla ricerca di autisti che guidino i nostri mezzi per il ritiro di alimenti presso le attività commerciali che ce li donano.

Per informazioni: caritasfe@libero.it – tel. 388-9706494.

Donazione alimentari, prosegue la raccolta della parrocchia Beato Tavelli

Prosegue e, anzi, cresce la raccolta alimentare domenicale della parrocchia cittadina del Beato Giovanni Tavelli da Tossignano a favore della nostra mensa sociale di via Brasavola (per maggiori informazioni, leggi qui). Anche ieri, domenica 18, tanti sono stati i prodotti donati dai parrocchiani per questo importante gesto nel tempo dell’Avvento (v. foto).

Come Caritas diocesana rinnoviamo la nostra gratitudine per questo importante gesto di carità.

(Qui il precedente articolo sulla donazione)

Accoglienza e minori: i “buoni propositi” Caritas per il 2024

«Da un’indagine svolta nel nostro territorio, abbiamo riscontrato la mancanza di un Centro aggregativo per persone senza fissa dimora che di notte affollano i dormitori presenti in città ma che durante il giorno non sanno dove andare». Così Paolo Falaguasta, Direttore Caritas diocesana, ci spiega il primo dei due “buoni propositi” della nostra Caritas per l’anno 2024.

Una mancanza importante, questa, di un luogo diurno dove poter ospitare queste persone, dando loro «d’inverno un posto al caldo e perlomeno limitando la possibilità che possano compiere atti illegali». La realizzazione del progetto è prevista entro giugno 2024 e avrà, come corollari, la creazione di un deposito bagagli per le persone accolte, una lavanderia sociale a loro disposizione,  oltre alla messa a disposizione di alcuni appartamenti in cohousing. Riguardo a quest’ultimo aspetto, si tratterebbe di un progetto di seconda accoglienza che faccia seguito a quella emergenziale che Caritas già gestisce (CasaBetania e diversi altri appartamenti). Un’opportunità importante per donne e famiglie che spesso, anche in seguito alla perdita del lavoro, rischiano per determinati periodi di rimanere senza un alloggio.

Tutti progetti, questi, che saranno finanziati con i soldi provenienti dall’8xmille alla Chiesa cattolica.

Il secondo “buon proposito” Caritas per il 2024 è quello riguardante il progetto “Crescere insieme” (reso possibile grazie all’8xmille, al 5×1000 e alla donazione della Fondazione Fornasini), e pensato per favorire lo sviluppo fisiologico del bambino sostenendo il genitore nel suo accudimento. Ne abbiamo già parlato qui.

Corsi di italiano Caritas: le storie di alcune ospiti e dei nuovi volontari

(Qui il primo articolo sulla scuola Caritas)

Un particolare che colpisce ascoltando le storie di alcune delle persone che frequentano la scuola della nostra Caritas, è che si ricordano il giorno esatto del loro arrivo a Ferrara. Difficile dimenticare quella data che per loro rappresenta l’inizio concreto di una speranza nuova.

Complice anche le difficoltà che sta attraversando il CPIA di Ferrara, attualmente i corsi di italiano della nostra Caritas diocesana vengono frequentati da una 50ina di persone.

DALL’AFRICA E DALL’UCRAINA 

Abbiamo incontrato  alcune di loro nel bel mezzo di una lezione. La prima a presentarsi è Mimì, originaria dell’Eritrea, che ha vissuto anche negli USA ed è a Ferrara da 6 mesi. Ha lasciato il suo Paese perché perseguitata per motivi politici. Tre gli ucraini che conosciamo: Vita, a Ferrara da sei mesi col suo bimbo, e il figlio Artem, 12 anni, che frequenta la scuola Boiardo, sono originari di Vinnycja, dove il marito è rimasto;Lyudmila, invece, è arrivata qui 5 mesi fa assieme ai due figli, Bogdan di 8 anni e la piccola Elin di 6 mesi; e poi c’è Yehven, 73 anni, militare in pensione, originario di Kryvyj Rih, non lontano da Dnipro.

Due le africane che incontriamo: Melaine, 18 anni compiuti venerdì scorso, ivoriana, in Italia da 7 mesi ; ed Emilie Claire, 33 anni, camerunense, qui col figlioletto Natan.

I NUOVI VOLONTARI

Assieme all’operatrice Elisa Ferraretto, incontriamo anche tre nuovi volontari.

Mattia e Rebecca sono due giovani universitari da poco più di un mese in servizio in Caritas grazie all’Anno di Volontariato Sociale. Il primo, mantovano, è iscritto a CTF (Chimica e tecnologia farmaceutiche) a UniFe. CapoScout, è rimasto affascinato dalla proposta della nostra Caritas diocesana. Nella scuola qui a Casa Betania – ci spiega – «i momenti più difficili sono quando non riesci a spiegarti nemmeno nei concetti più semplici, perché la lingua è ancora un ostacolo importante». Ma quando, spontaneamente, coi nostri ospiti stranieri iniziano ospiti conversazioni anche personali, quando le donne e gli uomini accolti iniziano anche a raccontare la proprio storia, Mattia si sente ripagato di ogni fatica.

Rebecca, invece, originaria del teramano, è al terzo anno di Lettere a UniFe: «qui, oltre all’AVS – ci spiega -, svolgo anche il tirocinio, e ho chiesto io esplicitamente di essere in servizio nei corsi di italiano e nel doposcuola, per iniziare a fare esperienza nel mondo dell’insegnamento. Sono contentissima, è bello conoscere persone di culture diverse e stare con bambini di diverse età».

Poi c’è Adriana Sabato: Viceprefetto vicario in pensione dal 2019, è qui in Caritas da un paio di mesi. «Sono stata io a offrirmi per i corsi di italiano: gran parte del mio lavoro riguardava, infatti, il mondo dell’immigrazione, quindi desideravo proseguire in questo ambito, anche se, naturalmente, in un modo molto diverso, più relazionale e meno burocratico. E nella mia esperienza lavorativa – anche come Presidente della Commissione territoriale per il Riconoscimento della Protezione internazionale di Verona – ho visto come la conoscenza della lingua italiana sia fondamentale per l’integrazione». Per concludere la nostra chiacchierata, le chiediamo ciò che maggiormente la sta colpendo di questa esperienza:«ammiro tanto, in particolare, vedere le ragazze che seguono il nostro corso di italiano portando con sé i bimbi piccoli. Non dev’essere facile per loro seguire le lezioni e tenere a bada i piccoli. È qualcosa che mi commuove».

Andrea Musacci

Alcuni volontari della nostra mensa con i primi prodotti donatici dalla parrocchia Beato Tavelli

Avvento di Carità, la raccolta alimentare della parrocchia Beato Tavelli

Il dono è l’essenza del nostro Santo Natale. E anche nella nostra comunità diocesana iniziano a germogliare piccoli ma fondamentali gesti di gratuità.

Come quello della parrocchia cittadina del Beato Giovanni Tavelli da Tossignano che si è impegnata quest’anno in un Avvento di Carità: fino a Natale, ogni domenica mattina raccoglieranno, infatti, prodotti alimentari a lunga conservazione (pasta, biscotti, olio, tonno ecc. …) per destinarli alla nostra mensa di via Brasavola (per maggiori informazioni, leggi qui). La prima raccolta si è svolta il 3 dicembre.

Come Caritas diocesana esprimiamo la nostra gratitudine per questo importante gesto di solidarietà.

Richiesta donazione latte e passata di pomodoro

La nostra Caritas diocesana vive soprattutto grazie alle donazioni – di beni alimentari, vestiti e altro.

Ci sono però periodi, come questo, nei quali abbiamo bisogno in particolare di certi prodotti. Vi chiediamo, quindi, di donarci latte a lunga conservazione e passata di pomodoro per la nostra mensa di via Brasavola.

Un piccolo gesto che richiede pochi minuti e poco dispendio di denaro, ma per noi fondamentale.

Puoi portarci la donazione nella nostra sede di via Brasavola, 19 a Ferrara, dal lunedì al venerdì dalle 9.30 alle 17.00.

Telefono:  388 9706494
Mail: info@caritasfe.it

Grazie.

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Se vuoi aiutarci diversamente, diventa volontario!

Cinquant’anni di Caritas, una storia d’amore: le parole del nostro Vescovo

Giornata mondiale dei poveri – 19 novembre 2023 – Basilica di San Francesco, Ferrara

Omelia di S.E. Mons. Gian Carlo Perego

Arcivescovo di Ferrara-Comacchio

[Leggi qui la nostra storia]

Cari fratelli e sorelle, cari presbiteri, cari volontari, operatori e operatrici di carità, quest’anno la celebrazione della Giornata dei poveri – il cui tema è l’invito a “Non distogliere lo sguardo dal povero”, da un versetto del Libro di Tobia –  cade nell’anniversario dei cinquant’anni della nascita della Caritas diocesana di Ferrara e di Comacchio. Infatti, il 4 e il 6 novembre del 1973 S. E. Mons. Natale Mosconi, mio venerato predecessore, firmava i due decreti istitutivi delle Caritas diocesane di Ferrara e Comacchio, due Diocesi unite in persona episcopi. Questa ricorrenza giubilare diventa l’occasione per continuare a “camminare nella carità”, con uno stile sinodale, animati dalla Parola e dall’esempio del Signore, seguendo la scelta preferenziale dei poveri.

È provvidenziale che la nostra riflessione oggi parta dalla parola di Dio che ci ripropone, con la pagina evangelica di Matteo, la parabola dei talenti. Infatti, questa pagina evangelica precede la pagina evangelica del Giudizio universale, come per dire che l’altruismo, l’amore al prossimo, lo “sguardo al povero” prepara il nostro futuro. I talenti sono doni da condividere, non da nascondere. I talenti aiutano la crescita di una comunità, di una città: vanno spesi. I talenti che si sono trasformati in accoglienza dello straniero, visita al detenuto, cura del malato, attenzione ai poveri vecchi e nuovi costruiscono il presente e preparano il futuro, la vita eterna. Celebrare il cinquantesimo della nascita Caritas è ricordare a noi stessi e alla Chiesa che i doni di intelligenza, di beni che abbiamo in questa vita vanno condivisi, da fratelli, e con i fratelli più poveri. La Caritas è nata per educarci a questo amore, a questa condivisione, a questa scelta preferenziale per i poveri. Nell’udienza del 20 settembre 1972, San Paolo VI, un anno dopo aver fondato la Caritas Italiana, diceva: “Tutta la vita diventa amore. Amore vero, amore puro, amore forte, amore felice. E a questa prima dilezione, ch’è religiosa, come vedete, e non può essere altrimenti, è connessa la seconda, la dilezione del prossimo, sia come scala per salire all’amor di Dio (Cfr. 1 Io. 4, 20; S. Aug. Tract. in Io., 17, 8); sia come motivo per applicare l’attività propria a servizio e a beneficio del prossimo (Cfr. Rom. 13, 8-10;1 Tim. 1, 5). E continuava: “Se noi, noi cristiani avessimo compreso questo Vangelo dell’amore, la sua legge, la sua necessità, la sua fecondità, la sua attualità, non ci lasceremmo sorprendere dal dubbio che il cristianesimo, la nostra fede (Gal. 5, 6) sia incapace a risolvere nella giustizia e nella pace le questioni sociali, ma che occorra attingere questa capacità al materialismo economico, all’odio di classe e alla lotta civile, col pericolo di affogare la nostra professione cristiana nelle ideologie di chi la combatte e di dare alle questioni umane soluzioni amare, illusorie e fors’anche alla fine antisociali e antiumane”.

Purtroppo, queste soluzioni “antisociali e antiumane” che San Paolo VI ricordava ci sono davanti: nel mondo, in Europa, nel nostro Paese, anche nella nostra città. Il cammino della Caritas in questi cinquant’anni ha aiutato la nostra Chiesa a tenere al centro il Vangelo dell’amore, nell’ascolto, coniugato in tante occasioni: dalle emergenze – la prima fu il terremoto del Friuli nel 1976 – all’accoglienza dei profughi e dei rifugiati, dalle mense alle case famiglia, dalla vicinanza ai senza dimora a visita ai carcerati, dall’esperienza degli obiettori di coscienza al servizio civile, per educare uomini di pace, dalle vittime di tratta alle famiglie schiave degli usurai: sono tante le pagine e le storie che la Caritas diocesana ha scritto in questi cinquant’anni, che in maniera originale hanno coniugato il Vangelo dell’amore. La carità si rigenera sempre. La carità crea sempre: crea nuove relazioni, responsabilità diverse, nuovi strumenti, rinnovate situazioni, appassionate denunce. La carità è generativa, non abitudinaria; non ripete semplicemente, ma rinnova, si apre alle sorprese della vita e della storia.

Nell’enciclica Fratelli tutti, Papa Francesco ci ricorda questa varietà e generatività della carità con un esempio molto efficace. “È carità stare vicino a una persona che soffre, ed è pure carità tutto ciò che si fa, anche senza avere un contatto diretto con quella persona, per modificare le condizioni sociali che provocano la sua sofferenza. Se qualcuno aiuta un anziano ad attraversare un fiume – e questo è squisita carità –, il politico gli costruisce un ponte, e anche questo è carità. Se qualcuno aiuta un altro dandogli da mangiare, il politico crea per lui un posto di lavoro, ed esercita una forma altissima di carità che nobilita la sua azione politica”. (F.T.186). Ogni gesto e ogni struttura di carità nella Chiesa hanno al centro la persona e la sua promozione, valorizzazione, coniugando carità e giustizia. Promuovere una persona significa riconoscerne le capacità, significa riconoscere la sua originalità. Il passaggio fondamentale nella Chiesa e nella società del ‘900 è stato quello non solo di creare semplicemente luoghi di assistenza, ma di valorizzare le competenze delle persone povere e fragili e il loro ritorno in città. Le leggi sociali del Dopoguerra in Italia sono tutte segnate da questa preoccupazione: la legge Merlin, la legislazione sul riconoscimento di pari diritti dei figli nati fuori dal matrimonio, la legge Gozzini e l’alternativa di pena, la legge Basaglia, il nuovo diritto di famiglia, il nuovo sistema sanitario, la legge quadro sull’assistenza: tutte ispirate dalla Costituzione italiana. Il processo si è fermato negli ultimi decenni, anche se formalmente non è venuto meno, ma si è indebolito, un Welfare universalistico, con i cambiamenti demografici, le migrazioni, l’aumento della spesa dello Stato, le privatizzazioni sanitarie. In questo tempo di ripresa e di resilienza occorre favorire strategie e progetti che consentono di non generare dipendenza e clientelismo e al contempo di non dimenticare, lasciare indietro nessuno e, anzi, di valorizzare l’unicità di cui ciascuno è portatore. Per fare questo occorre fare spazio nelle nostre co-progettazioni al contributo della persona in difficoltà, favorendo un’espressione, riconoscimento e sviluppo delle proprie risorse in funzione del raggiungimento di una nuova autonomia. Si tratta di rigenerare l’Welfare secondo una prospettiva nuova che veda anche i soggetti deboli protagonisti di un percorso di rinascita e di realizzazione. La Caritas nella nostra Chiesa e nella società, con il contributo di laici, uomini e donne, preparati e appassionati, deve avere questa capacità educativa e rigenerativa, in forza della fede in Gesù Cristo e della storia della carità nella Chiesa, un diritto sempre difeso.

Oggi la carità si traduce in una responsabilità diffusa, in una prossimità di cura, nella ricerca della giustizia, nel volere la pace nella non violenza, nel guardare al mondo come dono, come ‘creato’. Già il Concilio Vaticano II aveva sottolineato questo impegno di carità come dimensione popolare, sottolineando come nell’oggi la carità si traduce anche in ‘servizi segno’ ricordati al n. 42 della costituzione Gaudium et spes: “Dove fosse necessario, a seconda delle circostanze di tempo e di luogo, anche la Chiesa può, anzi deve suscitare opere destinate al servizio di tutti, ma specialmente degli ultimi, come per esempio opere di misericordia”. Nella stessa linea va anche la seconda parte dell’enciclica di Benedetto XVI, Deus caritas est. Il compito immediato di operare per un giusto ordine nella società è proprio di fedeli laici. Come cittadini dello Stato, essi non posso abdicare alla ‘molteplice e svariata azione economica, sociale, legislativa, amministrativa e culturale, destinata a promuovere organicamente e istituzionalmente il bene comune. Missione dei fedeli laici è pertanto di configurare rettamente la vita sociale, rispettandone la legittima autonomia e cooperando con gli altri cittadini secondo le rispettive competenze e sotto la propria responsabilità (…). La carità deve animare l’intera esistenza dei fedeli laici e quindi anche la loro attività politica, vissuta come “carità sociale” (D.C.E.29).

Cari fratelli e sorelle, cari presbiteri, cari volontari e operatori di carità, mentre ricordiamo cinquant’anni di cammino di carità, con i sacerdoti che l’hanno guidata e ci hanno lasciato – da Mons. Francesco Ravagnani a don Silvio Padovani, da don Virginio Sacco a don Paolo Valenti – e i molti laici e meravigliosi volontari collaboratori, l’ultimo dei quali che ci ha lasciato è stato Giorgio Forini, il Signore ci accompagni a continuare in maniera originale questo cammino di carità, con un rinnovato sguardo al povero, volto di Cristo, come ci ricorda papa Francesco: “La fede ci insegna che ogni povero è figlio di Dio e che in lui o in lei è presente Cristo”. Così sia.

Ascolto e accoglienza: quella della Caritas di Ferrara è la storia di un dono vivo

Il 4 novembre 1973 nasce la Caritas Ferrara e due giorni dopo quella di Comacchio. Il racconto di alcune tappe fondamentali: dal fondo diocesano di solidarietà fino alla nascita del Centro di Ascolto, della mensa e di Casa Betania per l’accoglienza. Inoltre, i dati aggiornati degli assistiti dalla nostra Caritas diocesana

[Leggi qui le parole del nostro Arcivescovo]

A cura di Andrea Musacci

Un avvicendarsi di volti, storie, luoghi. Di incroci di vite riscattate nel dono dato e in quello ricevuto. Una narrazione poco appariscente ma che nei solchi del quotidiano ha scavato in profondità nella carne di esistenze altrimenti dimenticate, abbandonate. È questo, e molto di più, la storia della nostra Caritas diocesana, una storia che festeggia quest’anno i primi 50 anni di vita.

La Caritas diocesana di Ferrara fu istituita dall’Arcivescovo Mosconi il 4 novembre 1973 (e due giorni dopo nacque quella di Comacchio) e dotata di un proprio statuto, nel quale venivano recepiti gli scopi proposti nella bozza di statuto per le Caritas diocesane stilata dal Consiglio Permanente della CEI del febbraio 1973. La Caritas Italiana venne invece costituita due anni prima, il 2 luglio 1971.

ANNI ’70 E ’80: UN NUOVO/ANTICO MODO DI INTENDERE LA CARITÀ

L’Arcivescovo Mosconi nomina come primo segretario della Caritas di Ferrara (allora la carica si chiamava così) mons. Francesco Ravagnani, allora parroco di S.Paolo a Ferrara, e dedica la prima domenica di quaresima alla Caritas diocesana, intitolandola la “giornata della carità”, con l’invito “Date e vi sarà dato”. Col ricavato annuale viene costituito il “fondo diocesano di solidarietà”. E fin da subito fu stretto il legame con la missionarietà: «la Quaresima del 1978 fu (…) vissuta in collaborazione tra Ufficio missionario e Caritas diocesana, che in quegli anni pare comunque faticare a trovare un proprio specifico spazio, stretta fra il ricordo della Pontificia Opera di Assistenza e le iniziative caritative libere e spontanee. Sul “Bollettino ecclesiastico” del 1978 il segretario della Caritas ferrarese, mons. Francesco Ravagnani, tentava un chiarimento e auspicava una collaborazione tra le forze in campo, presentando la Caritas come “un organo pastorale che promuove e coordina l’attività caritativa e assistenziale della chiesa locale”» (da M. Turrini, Dalle “retrovie” delle missioni alla Chiesa tutta missionaria. Il Centro missionario diocesano di Ferrara-Comacchio (1929-2000) (Cedoc SFR, Ferrara 201)).

Sfogliando “La Voce” dell’ultimo mezzo secolo, scopriamo come a Comacchio «la Commissione Pastorale “Caritas” diocesana, in data 12 dicembre 1973, si è riunita al completo per la formazione di un programma annuale di massima». E insieme all’organizzazione delle prime opere, la Caritas di Ferrara ci tiene a specificare quale sia la propria essenza. In alcuni articoli del febbraio ’74 si specifica innanzitutto che «”carità” in tutto questo contesto non è sinonimo di “assistenza”». «L’elemosina è stata l’espressione più tipica di carità. Senza voler disprezzare quanto di sincero, di sempre valido e di utile vi possa essere in ciò, però sono evidenti due gravi errori in questa impostazione. Ora non si tratta più soltanto di soccorrere il bisognoso; la cosa fondamentale è riconoscerlo come uguale, desiderare il suo sicuro sviluppo come essere umano, affinché in un clima di giustizia e di libertà possa realizzarsi come tale». Scopi specifici della Caritas diocesana sono «animazione della carità nelle Chiese locali; coordinamento delle attività assistenziali; studi e ricerche su problemi assistenziali; formazione del personale assistenziale; interventi di emergenza; aiuti al terzo mondo». E ancora: «La Caritas diocesana non va configurata come una sezione territoriale della Caritas Italiana, ma come espressione originale di ogni Chiesa particolare».

Nel ’76 la Caritas ferrarese lancia raccolte fondi per i terremotati del Guatemala, per i disoccupati locali della S.A.I.M.M. e S.A.D.A. e per i terremotati del Friuli e della Turchia.

Nel primo decennale (novembre 1983) vengono pubblicati i nomi dei membri della nuova Commissione Caritas della Diocesi di Ferrara: oltre a don Silvio Padovani (nuovo Direttore) e al Vescovo Maverna (Presidente), ci sono mons. Francesco Ravagnani (ex Direttore), padre Atanasio Dudri (S. Spirito), don Gianalfredo Deponti (S. Benedetto), Francesco Gunther, Giovanni Pietrogrande, Velino Tonioli, Alfredo Santini, Giuliana Calzolari, Franca Pozzati, Angela Cervellati, Andrea Bregoli e suor Vincenzina Nadalin (Istituto Sacro Cuore). 

ANNI ’90: NASCE IL CENTRO DI ASCOLTO

Facciamo un salto e arriviamo al 1994. «Sabato 22 gennaio alle ore 15 al Cenacolo – si comunica sulla “Voce” – parte il primo incontro formativo organizzato dalla Caritas diocesana rivolto in particolare ai gruppi delle Caritas parrocchiali e ai Consigli pastorali parrocchiali. L’incontro sarà guidato da fratel Italo Pasetti, responsabile diocesano degli Obiettori Caritas che parlerà sul tema “Dall’elemosina all’amore evangelico: riflessione sul cap. 25 del vangelo di Matteo”». Quella degli Obiettori passati per la nostra Caritas è una storia che meriterebbe davvero un servizio a parte: centinaia di giovani che hanno dedicato anni della propria vita al servizio degli ultimi della nostra città, un segno di pace concreto e che ha trasformato le loro esistenze.

Prima del 1994 la Caritas faceva principalmente distribuzione di indumenti assieme alle suore del vicino Istituto Sacro Cuore di via Borgo di Sotto, oltre ad aiutare economicamente chi aveva bisogno. Nel ’94 in via Brasavola a Ferrara viene aperto il Centro di Ascolto (intitolato al Beato Giovanni Tavelli da Tossignano, Vescovo fondatore del primo nucleo dell’Ospedale S. Anna), un punto di riferimento fondamentale per la città: così, la Caritas inizia il trasferimento dalla Curia Arcivescovile alla zona di Borgovado. Il Centro viene costruito con l’importante contributo della Fondazione della Cassa di Risparmio di Ferrara. Spiegava don Valenti: «Vengono da noi ex carcerati per le prime necessità, extra comunitari, i senza fissa dimora, i nomadi e, più di quanto si possa immaginare, le famiglie povere della città segnalate dalle Conferenze S. Vincenzo e dalle parrocchie». 

Sempre don Valenti, nel fare il bilancio del suo primo anno da Direttore Caritas diocesana, spiegava a “La Voce”: «Gli albanesi che finora vi erano ospitati [negli ambienti di via Brasavola, ndr] sono andati altrove perché hanno superato bene la fase di emergenza e possiamo ritornare al progetto iniziale». Il Centro di Ascolto è «dotato di una mensa per i poveri di passaggio, un dormitorio, un punto per la raccolta e la distribuzione di generi alimentari e indumenti. Ma soprattutto il Centro dovrà diventare il luogo al quale rivolgersi per tutte le necessità, liberando così l’Ufficio Caritas della Curia che potrà dedicarsi con più attenzione ai suoi compiti pastorali». Nel Centro di Ascolto sono attivi fin da subito una decina di volontari, 6 obiettori di coscienza condivisi con Casa Betania, Suor Lanfranca delle Suore della Carità e don Giovanni De Togni. Da lunedì al venerdì nella mattina tutti sono impegnati nell’ascolto delle persone e nella distribuzione di generi alimentari e di vestiario. Il Centro dispone anche di cinque camere per ospitare di notte i senza tetto.

CASA BETANIA E LA NUOVA MENSA PER I POVERI

E a proposito di ospitalità, lo stesso don Valenti parlava di Casa Betania, casa dell’ospitalità. Ex sede dell’asilo “Grillenzoni”, terminata tale funzione, il Comune la cedette alla Caritas, allora diretta da don Silvio Padovani, «con lo scopo di raccogliere studenti universitari stranieri anche attraverso l’ausilio di una piccola comunità di religiose Nigeriane»: «guidata da Gennaro Sitta, ospita oggi [nel 1994, ndr] 30 studenti provenienti da Paesi in via di sviluppo. Il silenzio nel quale svolge il lavoro purtroppo forse la fa scomparire dall’attenzione dei ferraresi e quasi rifluire nel privato. Betania invece è un’opera della diocesi e vive dell’aiuto di tutti. Perché per esempio le famiglie e le parrocchie non si fanno carico del mantenimento di uno studente?». 

Nell’ottobre del ’94 la Caritas diocesana risponde a un’altra necessità: quella di una mensa per i poveri, che inaugura il 6 ottobre ed è aperta dalle 13 alle 14, con, per iniziare, «una ventina di pasti confezionati nella cucina del Seminario». Nel primo decennale della mensa, don Valenti racconterà a “La Voce”: «Nei primi mesi del mio incarico, mi accorsi che gran parte delle richieste che giungevano al nostro Ufficio riguardavano l’esigenza di un pasto caldo. L’unica risposta allora possibile era dare un po’ di denaro in mano, anche se mi resi conto che questa non poteva essere la soluzione, per un motivo molto semplice: dare denaro direttamente non consentiva un adeguato controllo sull’effettivo utilizzo di quella risorsa, che spesso finiva per arricchire i bar e fomentare il disagio dell’alcolismo, o peggio della droga, nonché dell’accattonaggio. Nacque così l’esigenza di avere una struttura adeguata che potesse fornire una minima risposta, che venne individuata nell’attuale sede della mensa di via Brasavola». Nel 2004, grazie a circa 80 volontari, vengono serviti oltre 300 pasti. «Durante questi dieci anni si sono verificati cambiamenti, ma sostanzialmente le tipologie restano le stesse: immigrati, anziani che vengono per mangiare in compagnia e non in solitudine, studenti universitari stranieri che risparmiano i soldi della mensa universitaria, e a volte tossicodipendenti». Nel 2004, un incontro in Arcivescovado e una S. Messa in Duomo festeggeranno i primi dieci anni di questo servizio ancora oggi così fondamentale.

ANNI ’90: GLI ALTRI SERVIZI

Gli anni ’90 vedono anche la nascita nel ‘95 di un «ambulatorio medico servito da una ventina di medici volontari, aperto da mezzogiorno all’una», per gli extracomunitari. Inoltre, raccontava sempre don Valenti, «oltre a “Casa Betania”, in via Borgovado, 7, dove viene data ospitalità a 27 studenti stranieri, è stato appena terminato il Centro di Accoglienza a Comacchio, che avrà gli stessi servizi di Ferrara (…). Per settembre è in programma, e hanno già aderito una ventina di dentisti, l’apertura di un ambulatorio dentistico per indigenti (…). Va poi ricordato che la Caritas fornisce anche un servizio di consulenza legale gratuito, che può contare su una decina di avvocati presenti una volta alla settimana, – il venerdì pomeriggio, per due ore -, particolarmente esperti nei problemi che riguardano gli extracomunitari». Un’azione a 360 gradi, dunque. E siamo nel ’98. Un anno dopo, l’annuncio del progetto di trasformazione di Casa Betania in luogo di accoglienza per donne, ragazze-madri, famiglie di ospedalizzati residenti fuori Ferrara, anche in vista del Giubileo del 2000. Ma i lavori da fare si riveleranno più importanti di quel che ci si aspettava.

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IL PASSATO. I Direttori della nostra Caritas diocesana

Mons. Francesco Ravagnani, originario di Castelnovo Bariano (RO), nato nel 1920, ordinato sacerdote nel 1947, fu Direttore della Caritas Ferrara dal 1973 al 1982. Oltre a quest’incarico, fu anche Assistente ecclesiastico e tra i fondatori dell’Associazione “Beato Tavelli da Tossignano” per sostenere le scuole materne, dal 1955 al 1968 parroco di Ravalle, e poi, fino all’84, anno della sua morte, di San Paolo a Ferrara. Fu anche Membro della Commissione interdiocesana per l’assistenza sociale e di quella per gli asili parrocchiali.

Don Silvio Padovani, originario di Burana, nato nel ’29 e deceduto nel 2016, fu Direttore Caritas dal 1982 al 1993. Ordinato sacerdote nel ’59,è stato parroco prima a Viconovo, poi a Serravalle (dal ’67 al ’73), due anni a Quacchio e poi a S. Caterina Vegri dal 1976 al 2010. Per qualche anno ha retto anche la chiesa di Santa Rita.

Don Paolo Valenti fu Direttore Caritas Ferrara dal 1993 al 2013. Nato a Sassari nel 1958, ordinato sacerdote nel 1982, è stato, fra l’altro, parroco di S. Biagio di Bondeno, dell’Addolorata (2000-22), Vice rettore del Seminario maggiore (1983-’88) e Rettore (2018-2022).Dal  2013 è stato Assistente ecclesiastico Caritas diocesana, Direttore Caritas regionale per alcuni anni, a partire dal ‘96, vicario episcopale per la Carità pastorale dal 2017. È tornato alla Casa del Padre nel 2022.

Paolo Falaguasta, Direttore in carica, ha assunto il ruolo nel 2013.

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IL PRESENTE. I dati della povertà

Gli assistiti totali da Caritas diocesana e dalle Caritas parrocchiali sono in aumento: nel 2019 erano 1089; nel 2020, 1181; nel 2021, 1275; l’anno scorso sono stati ben 250 in più: 1523 persone.

Nel 2022 nella sede Caritas di via Brasavola e nelle Caritas parrocchiali sono state 215 le persone assistite che fanno lavori stagionali, a chiamata, oppure stage o tirocini dopo aver perso il lavoro. Solo un anno prima erano 115, e nel 2020 erano 46. E gli occupati che si sono rivolti alle nostre Caritas, negli ultimi tre anni sono stati mediamente 150 all’anno. Interessante anche il numero delle persone assistite da Caritas in possesso di una laurea, raddoppiato dal 2021 al 2022.

Nel 2023 (dati  fino al 31 ottobre) gli assistiti sono 1511, di cui 951 stranieri e 560 italiani. Come età, il gruppo maggiore ha 35-44 anni (394 persone), 25-34 (328), 45-54 (296), 55-64 (209), 65-74 (140). Seguono i giovani 19-24 (92), gli over 75 (44) e i 15-18 (5). 383 di questi ha la licenza media, ma non mancano i laureati (105) e chi è in possesso di diploma universitario (21).

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Domenica 19 novembre la Giornata dei Poveri

Domenica 19 novembre, in occasione della Giornata Mondiale dei Poveri, mons. Gian Carlo Perego ha celebrato una S. Messa alle ore 18 in San Francesco per ricordare tutti i volontari, gli operatori, i sacerdoti e i laici grazie ai quali la Caritas ha operato per 50 anni in Diocesi. Caritas Italiana era nata nel 1971 per volontà di Paolo VI, e per volontà di mons. Natale Mosconi, vede la luce il 4 novembre 1973 la Caritas diocesana di Ferrara cui fa seguito quella di Comacchio il 6 novembre dello stesso anno, entrambe con un proprio statuto pubblicato sul Bollettino Ecclesiastico 9-12 (1973) e tra le prime in Italia. Cinquant’anni di carità nello spirito del Concilio Vaticano II, che aveva fatto della figura del Buon Samaritano, l’immagine della spiritualità del Concilio stesso. La celebrazione del mezzo secolo di Caritas diocesana diventa quindi motivo di una riflessione sulla scelta preferenziale per i poveri, sullo stile della carità cristiana e sull’utilizzo di questo strumento che, oltre che a livello diocesano, l’Arcivescovo auspica diventi «una delle strutture portanti dell’Unità Pastorale». «I poveri li avrete sempre con voi», prosegue mons. Perego in una lettera indirizzata ai sacerdoti. «Questa presenza chiede una prossimità rinnovata nelle diverse stagioni della vita della Chiesa: una “conversione al prossimo” – come la chiamava mons. Natale Mosconi – a cui nessun cristiano e nessuna comunità può sottrarsi».

(Le foto sono di operatori, volontari e ospiti della Caritas di via Brasavola negli ultimi anni)