Il 4 novembre 1973 nasce la Caritas Ferrara e due giorni dopo quella di Comacchio. Il racconto di alcune tappe fondamentali: dal fondo diocesano di solidarietà fino alla nascita del Centro di Ascolto, della mensa e di Casa Betania per l’accoglienza. Inoltre, i dati aggiornati degli assistiti dalla nostra Caritas diocesana
[Leggi qui le parole del nostro Arcivescovo]
A cura di Andrea Musacci
Un avvicendarsi di volti, storie, luoghi. Di incroci di vite riscattate nel dono dato e in quello ricevuto. Una narrazione poco appariscente ma che nei solchi del quotidiano ha scavato in profondità nella carne di esistenze altrimenti dimenticate, abbandonate. È questo, e molto di più, la storia della nostra Caritas diocesana, una storia che festeggia quest’anno i primi 50 anni di vita.
La Caritas diocesana di Ferrara fu istituita dall’Arcivescovo Mosconi il 4 novembre 1973 (e due giorni dopo nacque quella di Comacchio) e dotata di un proprio statuto, nel quale venivano recepiti gli scopi proposti nella bozza di statuto per le Caritas diocesane stilata dal Consiglio Permanente della CEI del febbraio 1973. La Caritas Italiana venne invece costituita due anni prima, il 2 luglio 1971.
ANNI ’70 E ’80: UN NUOVO/ANTICO MODO DI INTENDERE LA CARITÀ
L’Arcivescovo Mosconi nomina come primo segretario della Caritas di Ferrara (allora la carica si chiamava così) mons. Francesco Ravagnani, allora parroco di S.Paolo a Ferrara, e dedica la prima domenica di quaresima alla Caritas diocesana, intitolandola la “giornata della carità”, con l’invito “Date e vi sarà dato”. Col ricavato annuale viene costituito il “fondo diocesano di solidarietà”. E fin da subito fu stretto il legame con la missionarietà: «la Quaresima del 1978 fu (…) vissuta in collaborazione tra Ufficio missionario e Caritas diocesana, che in quegli anni pare comunque faticare a trovare un proprio specifico spazio, stretta fra il ricordo della Pontificia Opera di Assistenza e le iniziative caritative libere e spontanee. Sul “Bollettino ecclesiastico” del 1978 il segretario della Caritas ferrarese, mons. Francesco Ravagnani, tentava un chiarimento e auspicava una collaborazione tra le forze in campo, presentando la Caritas come “un organo pastorale che promuove e coordina l’attività caritativa e assistenziale della chiesa locale”» (da M. Turrini, Dalle “retrovie” delle missioni alla Chiesa tutta missionaria. Il Centro missionario diocesano di Ferrara-Comacchio (1929-2000) (Cedoc SFR, Ferrara 201)).
Sfogliando “La Voce” dell’ultimo mezzo secolo, scopriamo come a Comacchio «la Commissione Pastorale “Caritas” diocesana, in data 12 dicembre 1973, si è riunita al completo per la formazione di un programma annuale di massima». E insieme all’organizzazione delle prime opere, la Caritas di Ferrara ci tiene a specificare quale sia la propria essenza. In alcuni articoli del febbraio ’74 si specifica innanzitutto che «”carità” in tutto questo contesto non è sinonimo di “assistenza”». «L’elemosina è stata l’espressione più tipica di carità. Senza voler disprezzare quanto di sincero, di sempre valido e di utile vi possa essere in ciò, però sono evidenti due gravi errori in questa impostazione. Ora non si tratta più soltanto di soccorrere il bisognoso; la cosa fondamentale è riconoscerlo come uguale, desiderare il suo sicuro sviluppo come essere umano, affinché in un clima di giustizia e di libertà possa realizzarsi come tale». Scopi specifici della Caritas diocesana sono «animazione della carità nelle Chiese locali; coordinamento delle attività assistenziali; studi e ricerche su problemi assistenziali; formazione del personale assistenziale; interventi di emergenza; aiuti al terzo mondo». E ancora: «La Caritas diocesana non va configurata come una sezione territoriale della Caritas Italiana, ma come espressione originale di ogni Chiesa particolare».
Nel ’76 la Caritas ferrarese lancia raccolte fondi per i terremotati del Guatemala, per i disoccupati locali della S.A.I.M.M. e S.A.D.A. e per i terremotati del Friuli e della Turchia.
Nel primo decennale (novembre 1983) vengono pubblicati i nomi dei membri della nuova Commissione Caritas della Diocesi di Ferrara: oltre a don Silvio Padovani (nuovo Direttore) e al Vescovo Maverna (Presidente), ci sono mons. Francesco Ravagnani (ex Direttore), padre Atanasio Dudri (S. Spirito), don Gianalfredo Deponti (S. Benedetto), Francesco Gunther, Giovanni Pietrogrande, Velino Tonioli, Alfredo Santini, Giuliana Calzolari, Franca Pozzati, Angela Cervellati, Andrea Bregoli e suor Vincenzina Nadalin (Istituto Sacro Cuore).
ANNI ’90: NASCE IL CENTRO DI ASCOLTO
Facciamo un salto e arriviamo al 1994. «Sabato 22 gennaio alle ore 15 al Cenacolo – si comunica sulla “Voce” – parte il primo incontro formativo organizzato dalla Caritas diocesana rivolto in particolare ai gruppi delle Caritas parrocchiali e ai Consigli pastorali parrocchiali. L’incontro sarà guidato da fratel Italo Pasetti, responsabile diocesano degli Obiettori Caritas che parlerà sul tema “Dall’elemosina all’amore evangelico: riflessione sul cap. 25 del vangelo di Matteo”». Quella degli Obiettori passati per la nostra Caritas è una storia che meriterebbe davvero un servizio a parte: centinaia di giovani che hanno dedicato anni della propria vita al servizio degli ultimi della nostra città, un segno di pace concreto e che ha trasformato le loro esistenze.
Prima del 1994 la Caritas faceva principalmente distribuzione di indumenti assieme alle suore del vicino Istituto Sacro Cuore di via Borgo di Sotto, oltre ad aiutare economicamente chi aveva bisogno. Nel ’94 in via Brasavola a Ferrara viene aperto il Centro di Ascolto (intitolato al Beato Giovanni Tavelli da Tossignano, Vescovo fondatore del primo nucleo dell’Ospedale S. Anna), un punto di riferimento fondamentale per la città: così, la Caritas inizia il trasferimento dalla Curia Arcivescovile alla zona di Borgovado. Il Centro viene costruito con l’importante contributo della Fondazione della Cassa di Risparmio di Ferrara. Spiegava don Valenti: «Vengono da noi ex carcerati per le prime necessità, extra comunitari, i senza fissa dimora, i nomadi e, più di quanto si possa immaginare, le famiglie povere della città segnalate dalle Conferenze S. Vincenzo e dalle parrocchie».
Sempre don Valenti, nel fare il bilancio del suo primo anno da Direttore Caritas diocesana, spiegava a “La Voce”: «Gli albanesi che finora vi erano ospitati [negli ambienti di via Brasavola, ndr] sono andati altrove perché hanno superato bene la fase di emergenza e possiamo ritornare al progetto iniziale». Il Centro di Ascolto è «dotato di una mensa per i poveri di passaggio, un dormitorio, un punto per la raccolta e la distribuzione di generi alimentari e indumenti. Ma soprattutto il Centro dovrà diventare il luogo al quale rivolgersi per tutte le necessità, liberando così l’Ufficio Caritas della Curia che potrà dedicarsi con più attenzione ai suoi compiti pastorali». Nel Centro di Ascolto sono attivi fin da subito una decina di volontari, 6 obiettori di coscienza condivisi con Casa Betania, Suor Lanfranca delle Suore della Carità e don Giovanni De Togni. Da lunedì al venerdì nella mattina tutti sono impegnati nell’ascolto delle persone e nella distribuzione di generi alimentari e di vestiario. Il Centro dispone anche di cinque camere per ospitare di notte i senza tetto.
CASA BETANIA E LA NUOVA MENSA PER I POVERI
E a proposito di ospitalità, lo stesso don Valenti parlava di Casa Betania, casa dell’ospitalità. Ex sede dell’asilo “Grillenzoni”, terminata tale funzione, il Comune la cedette alla Caritas, allora diretta da don Silvio Padovani, «con lo scopo di raccogliere studenti universitari stranieri anche attraverso l’ausilio di una piccola comunità di religiose Nigeriane»: «guidata da Gennaro Sitta, ospita oggi [nel 1994, ndr] 30 studenti provenienti da Paesi in via di sviluppo. Il silenzio nel quale svolge il lavoro purtroppo forse la fa scomparire dall’attenzione dei ferraresi e quasi rifluire nel privato. Betania invece è un’opera della diocesi e vive dell’aiuto di tutti. Perché per esempio le famiglie e le parrocchie non si fanno carico del mantenimento di uno studente?».
Nell’ottobre del ’94 la Caritas diocesana risponde a un’altra necessità: quella di una mensa per i poveri, che inaugura il 6 ottobre ed è aperta dalle 13 alle 14, con, per iniziare, «una ventina di pasti confezionati nella cucina del Seminario». Nel primo decennale della mensa, don Valenti racconterà a “La Voce”: «Nei primi mesi del mio incarico, mi accorsi che gran parte delle richieste che giungevano al nostro Ufficio riguardavano l’esigenza di un pasto caldo. L’unica risposta allora possibile era dare un po’ di denaro in mano, anche se mi resi conto che questa non poteva essere la soluzione, per un motivo molto semplice: dare denaro direttamente non consentiva un adeguato controllo sull’effettivo utilizzo di quella risorsa, che spesso finiva per arricchire i bar e fomentare il disagio dell’alcolismo, o peggio della droga, nonché dell’accattonaggio. Nacque così l’esigenza di avere una struttura adeguata che potesse fornire una minima risposta, che venne individuata nell’attuale sede della mensa di via Brasavola». Nel 2004, grazie a circa 80 volontari, vengono serviti oltre 300 pasti. «Durante questi dieci anni si sono verificati cambiamenti, ma sostanzialmente le tipologie restano le stesse: immigrati, anziani che vengono per mangiare in compagnia e non in solitudine, studenti universitari stranieri che risparmiano i soldi della mensa universitaria, e a volte tossicodipendenti». Nel 2004, un incontro in Arcivescovado e una S. Messa in Duomo festeggeranno i primi dieci anni di questo servizio ancora oggi così fondamentale.
ANNI ’90: GLI ALTRI SERVIZI
Gli anni ’90 vedono anche la nascita nel ‘95 di un «ambulatorio medico servito da una ventina di medici volontari, aperto da mezzogiorno all’una», per gli extracomunitari. Inoltre, raccontava sempre don Valenti, «oltre a “Casa Betania”, in via Borgovado, 7, dove viene data ospitalità a 27 studenti stranieri, è stato appena terminato il Centro di Accoglienza a Comacchio, che avrà gli stessi servizi di Ferrara (…). Per settembre è in programma, e hanno già aderito una ventina di dentisti, l’apertura di un ambulatorio dentistico per indigenti (…). Va poi ricordato che la Caritas fornisce anche un servizio di consulenza legale gratuito, che può contare su una decina di avvocati presenti una volta alla settimana, – il venerdì pomeriggio, per due ore -, particolarmente esperti nei problemi che riguardano gli extracomunitari». Un’azione a 360 gradi, dunque. E siamo nel ’98. Un anno dopo, l’annuncio del progetto di trasformazione di Casa Betania in luogo di accoglienza per donne, ragazze-madri, famiglie di ospedalizzati residenti fuori Ferrara, anche in vista del Giubileo del 2000. Ma i lavori da fare si riveleranno più importanti di quel che ci si aspettava.
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IL PASSATO. I Direttori della nostra Caritas diocesana
Mons. Francesco Ravagnani, originario di Castelnovo Bariano (RO), nato nel 1920, ordinato sacerdote nel 1947, fu Direttore della Caritas Ferrara dal 1973 al 1982. Oltre a quest’incarico, fu anche Assistente ecclesiastico e tra i fondatori dell’Associazione “Beato Tavelli da Tossignano” per sostenere le scuole materne, dal 1955 al 1968 parroco di Ravalle, e poi, fino all’84, anno della sua morte, di San Paolo a Ferrara. Fu anche Membro della Commissione interdiocesana per l’assistenza sociale e di quella per gli asili parrocchiali.
Don Silvio Padovani, originario di Burana, nato nel ’29 e deceduto nel 2016, fu Direttore Caritas dal 1982 al 1993. Ordinato sacerdote nel ’59,è stato parroco prima a Viconovo, poi a Serravalle (dal ’67 al ’73), due anni a Quacchio e poi a S. Caterina Vegri dal 1976 al 2010. Per qualche anno ha retto anche la chiesa di Santa Rita.
Don Paolo Valenti fu Direttore Caritas Ferrara dal 1993 al 2013. Nato a Sassari nel 1958, ordinato sacerdote nel 1982, è stato, fra l’altro, parroco di S. Biagio di Bondeno, dell’Addolorata (2000-22), Vice rettore del Seminario maggiore (1983-’88) e Rettore (2018-2022).Dal 2013 è stato Assistente ecclesiastico Caritas diocesana, Direttore Caritas regionale per alcuni anni, a partire dal ‘96, vicario episcopale per la Carità pastorale dal 2017. È tornato alla Casa del Padre nel 2022.
Paolo Falaguasta, Direttore in carica, ha assunto il ruolo nel 2013.
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IL PRESENTE. I dati della povertà
Gli assistiti totali da Caritas diocesana e dalle Caritas parrocchiali sono in aumento: nel 2019 erano 1089; nel 2020, 1181; nel 2021, 1275; l’anno scorso sono stati ben 250 in più: 1523 persone.
Nel 2022 nella sede Caritas di via Brasavola e nelle Caritas parrocchiali sono state 215 le persone assistite che fanno lavori stagionali, a chiamata, oppure stage o tirocini dopo aver perso il lavoro. Solo un anno prima erano 115, e nel 2020 erano 46. E gli occupati che si sono rivolti alle nostre Caritas, negli ultimi tre anni sono stati mediamente 150 all’anno. Interessante anche il numero delle persone assistite da Caritas in possesso di una laurea, raddoppiato dal 2021 al 2022.
Nel 2023 (dati fino al 31 ottobre) gli assistiti sono 1511, di cui 951 stranieri e 560 italiani. Come età, il gruppo maggiore ha 35-44 anni (394 persone), 25-34 (328), 45-54 (296), 55-64 (209), 65-74 (140). Seguono i giovani 19-24 (92), gli over 75 (44) e i 15-18 (5). 383 di questi ha la licenza media, ma non mancano i laureati (105) e chi è in possesso di diploma universitario (21).
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Domenica 19 novembre la Giornata dei Poveri
Domenica 19 novembre, in occasione della Giornata Mondiale dei Poveri, mons. Gian Carlo Perego ha celebrato una S. Messa alle ore 18 in San Francesco per ricordare tutti i volontari, gli operatori, i sacerdoti e i laici grazie ai quali la Caritas ha operato per 50 anni in Diocesi. Caritas Italiana era nata nel 1971 per volontà di Paolo VI, e per volontà di mons. Natale Mosconi, vede la luce il 4 novembre 1973 la Caritas diocesana di Ferrara cui fa seguito quella di Comacchio il 6 novembre dello stesso anno, entrambe con un proprio statuto pubblicato sul Bollettino Ecclesiastico 9-12 (1973) e tra le prime in Italia. Cinquant’anni di carità nello spirito del Concilio Vaticano II, che aveva fatto della figura del Buon Samaritano, l’immagine della spiritualità del Concilio stesso. La celebrazione del mezzo secolo di Caritas diocesana diventa quindi motivo di una riflessione sulla scelta preferenziale per i poveri, sullo stile della carità cristiana e sull’utilizzo di questo strumento che, oltre che a livello diocesano, l’Arcivescovo auspica diventi «una delle strutture portanti dell’Unità Pastorale». «I poveri li avrete sempre con voi», prosegue mons. Perego in una lettera indirizzata ai sacerdoti. «Questa presenza chiede una prossimità rinnovata nelle diverse stagioni della vita della Chiesa: una “conversione al prossimo” – come la chiamava mons. Natale Mosconi – a cui nessun cristiano e nessuna comunità può sottrarsi».
(Le foto sono di operatori, volontari e ospiti della Caritas di via Brasavola negli ultimi anni)