Caritas per Interno Verde con i racconti sulla natura delle ospiti di Casa Betania

Da “scaldatoio dei fanciulli” a luogo di accoglienza per donne e bambini in difficoltà: la storia di Casa Betania è da sempre legata ai più piccoli.

E nel weekend del 14 e 15 settembre, rientrando nel programma del Festival Interno Verde, aprirà le porte del suo giardino e del suo chiostro, in via Borgovado 7, per raccontare questa storia e non solo.

La struttura fu costruita nel 1477 per volere di Ercole I d’Este, per ampliare il vicino convento affidato ai Canonici Regolari di Sant’Agostino. Assunse una funzione pubblica dal 1848, quando venne staccata dal resto del complesso per essere affidata al Pio Istituto degli Asili d’Infanzia, che vi allestì un ricovero per i bambini abbandonati, definito “scaldatoio dei fanciulli”. Promotrice di questa iniziativa fu Luisa Recalchi, che coinvolse il marito Carlo Grillenzoni ordinario di ostetricia. Quando Papa Pio IX diede il permesso anche ai laici di occuparsi di infanzia si aprì il primo asilo, dove ci si iscriveva anche senza certificato di battesimo, si imparava a leggere e a contare e si tenevano gli esami medici. Durante la Seconda Guerra Mondiale le balie si davano appuntamento qui per allattare gli orfani.

La Caritas è subentrata nella gestione dal 1986, inaugurando Casa Betania: qui abitavano inizialmente le suore nigeriane, poi gli studenti stranieri meno abbienti e i volontari del servizio civile.

Dal 2014 — dopo la ristrutturazione — l’edificio è stato trasformato in centro di accoglienza per donne e bambini richiedenti asilo.

Oggi conta 33 ospiti. E saranno proprio loro le protagoniste sabato 14 (dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 19) e domenica 15 (dalle 10 alle 13), accompagneranno infatti i visitatori in un viaggio attorno al mondo grazie all’iniziativa “Pagine Parlanti”: letture, ricordi e leggende dedicati alle piante e agli alberi di paesi lontani, dalla Somalia alla Costa D’Avorio, dal Camerun alla Guinea.

Il giardino di Casa Betania  è stato mantenuto nella sua forma medievale: i due assi centrali creano una croce al cui centro si trova la quadratura del cerchio, con pozzo d’acqua, simbolo di vita. Tradizionalmente le braccia della croce simboleggiano i quattro fiumi del paradiso e ad ogni aiuola è attribuita una funzione allegorica.

Per partecipare ad Interno Verde, il festival che una volta all’anno apre eccezionalmente al pubblico i più suggestivi giardini segreti della città, è necessario iscriversi (www.internoverde.it) e ritirare presso l’infopoint il kit del festival che comprende la mappa, il programma delle attività e il braccialetto, strettamente personale, indossato il quale sarà possibile accedere ai giardini del festival, tra cui appunto quello di Casa Betania.

L’infopoint è aperto da venerdì 6 a venerdì 13 settembre, dalle 10 alle 13 e dalle 16 alle 19, all’associazione Ilturco, via del Turco 39, Ferrara; sabato 14 e domenica 15 settembre, dalle 9 alle 19 si sposterà invece al Parco Pareschi, corso Giovecca 148, Ferrara.

Se siete giovani e particolarmente appassionati di giardini e avete voglia di vederne di veramente unici, in certi casi davvero impensabili dietro a porte e muri anonimi, Interno Verde propone agli studenti under30 che vivono a Ferrara di partecipare attivamente al festival come volontari, nel custodire gli spazi ma anche nel fornire informazioni di carattere botanico, storico e architettonico ai visitatori.

Grazie alla collaborazione dell’Università degli Studi di Ferrara lo scorso settembre più di 150 ragazzi sono stati coinvolti nell’organizzazione. Per candidarsi è sufficiente compilare il modulo online pubblicato nella pagina staff del sito www.internoverde.it, dove si trovano tutte le informazioni utili per conoscere più nel dettaglio l’attività proposta. Per saperne di più: staff@internoverde.it / 3493863118.

Per saperne di più invece sulle ospiti di Casa Betania e sulle loro storie continuate a seguirci perchè le racconteremo il prossimo mese.

L’ambulatorio medico di Caritas: una cura per pazienti e medici volontari

Il filo conduttore che unisce tutte le esperienze dei volontari Caritas si può riassumere in una frase: si riceve molto di più di quello che si dà.

Vale anche per i volontari dell’ambulatorio medico. E’ un progetto ripartito nel 2015, dopo un primo periodo durato dal 1994 al 2001. Apre le sue porte dal lunedì al venerdì, dalle 11 alle 13 e può contare sull’esperienza di medici di base, ospedalieri, universitari ormai in pensione che hanno deciso di continuare a mettere le proprie competenze a servizio della comunità.

“Siamo una decina di medici di medicina generale che si alternano per le visite di tutti i giorni – spiega Giancarlo, il direttore sanitario – poi abbiamo anche due ginecologhe, due pediatre, una neurologa, un’oculista, un ecografista e una psicologa. L’ambulatorio è a disposizione di migranti, di persone in difficoltà, impossibilitate ad avere la tessera sanitaria e quindi ad entrare nei circuiti dell’assistenza. Alcuni hanno il tesserino STP/ENI (per Stranieri Temporaneamente Presenti o per i cittadini comunitari), che ora è possibile richiedere e ottenere in Caritas, ma nella pratica anche con questo hanno difficoltà ad accedere ai normali ambulatori di medicina generale così vengono da noi. Sono pazienti generalmente giovani, con patologie a carico dell’apparato osteoarticolare, ipertensione, infiammazioni delle vie respiratorie, infezioni”.

Gli accessi nel 2023 sono stati 2418, 1920 per l’ambulatorio di medicina generale.

“Il nostro è un ambulatorio cosiddetto solidale o del terzo settore o a bassa soglia, perchè non abbiamo barriere di accesso, non serve appuntamento – sottolinea Carlo, 73 anni, volontario anche lui dal 2015 –  ero andato in pensione l’anno prima, Giancarlo mi ha chiesto di venire e ho accettato subito volentieri. E’ un’ esperienza molto bella attraverso la quale si conosce la povertà vera, quella economica ma anche quella relazionale, le persone che vengono spesso sono emarginate, sole. Sentire parlare di queste situazioni è molto diverso dal confrontarsi con esse ogni giorno, sono tutti incontri ed esperienze che ti arricchiscono“.

Lo sa bene e da tanto tempo anche Liliana, 70 anni, ginecologa in pensione: “Nel 1995 ancora lavoravo nella struttura ospedaliera e mi ero fatta autorizzare per visitare persone che mi mandava la Caritas. Poi abbiamo ricominciato nel 2015, nel 2016 sono andata in pensione ed è partito l’ambulatorio ginecologico. Oggi siamo in due ginecologhe, incontriamo ragazze giovani e la prima motivazione per cui vengono è legata alla gravidanza, chi è già incinta o chi invece cerca metodi contraccettivi, poi vengono per patologie infettive e infiammatorie. Abbiamo anche donne più adulte che invece si rivolgono a noi per problematiche legate alla menopausa. In alcuni casi è richiesto l’intervento chirurgico, noi lavoriamo comunque in stretta collaborazione con l’ Asl e quindi indirizziamo queste pazienti verso la struttura pubblica”.

L’ambulatorio ginecologico è aperto il lunedì dalle 9 alle 11 e il giovedì dalle 15 alle 17, riceve su appuntamento ma si può venire anche senza, stessa cosa per l’ambulatorio pediatrico, aperto il lunedì e il mercoledì dalle 15 alle 17.

“Questa del volontariato è un’esperienza che tutti dovrebbero fare – racconta Liliana – perchè ti apre la mentalità come medico, ti spinge a migliorare la tua capacità di relazionarti al paziente. Chi si rivolge a noi può anche rifiutare una terapia e ho capito che devo ascoltarlo ed eventualmente accettare il suo rifiuto. Queste persone mi hanno arricchito con una serie di conoscenze che altrimenti non avrei mai avuto”. Uno dei temi che ha sicuramente colpito di più Liliana nel corso degli anni è quello delle mutilazioni genitali femminili: “Ho incontrato donne fuggite dal loro paese per salvare le figlie da quelle mutilazioni ma anche donne che pensano sia normale, che non si sentono mutilate. E’ molto importante capire come la vivono, cosa pensano le pazienti prima di raccontargli cosa pensi tu. L’ambulatorio è un allenamento alla relazione con l’altro“.

Nel 2023 sono state registrate oltre 300 visite ginecologiche, la quasi totalità a donne non italiane.

“Qui all’ambulatorio conosci persone che si avvicinano a te per una serie di ragioni non solo sanitarie – e dopo una vita da medico di base a Jolanda di Savoia lo capisce subito Gian Pietro, 82 anni il 10 settembre – hanno bisogno di parlare con qualcuno. Ci sono soggetti che hanno delle patologie che normalmente non si rivelano, come l’Aids, sono titubanti a parlarne, per paura di come la prenderai e questo indica la fragilità dei soggetti, il dolore che si portano dentro e quando si confidano con te è una soddisfazione”.

I medici volontari dell’ambulatorio possono fare ricette oppure richiedere esami, perchè la struttura è convenzionata con l’Asl. Hanno anche a disposizione farmaci di prima necessità e visitano in media 8/10 persone al giorno.

“Da quando faccio il volontario qui ho la possibilità di vedere e vivere la medicina a 360 gradi, ogni volta che vengo mi capita un caso diverso, fuori dai canoni”. Anche Angelo, 75 anni, ex medico di base, è un “ascoltatore” come Gian Pietro, “ero abituato a fare tante ore di ambulatorio e quando i pazienti capiscono che li ascolto volentieri poi tornano, si informano su quando sono io di turno, mi cercano e la cosa mi gratifica molto. Loro apprezzano le piccole cose e impari a farlo anche tu”.

Roberto, 69 anni, è l’ultimo arrivato nel team dei medici volontari, è entrato nel gruppo nella primavera del 2024: “Questa scelta ha rappresentato per me un ritorno alle origini, nel 1982 e 83 ho fatto il servizio civile come obiettore di coscienza nella Caritas. Credo in alcuni valori come il volontariato, la gratuità, il servizio. Nella logica di “fratelli tutti” di Papa Francesco, credenti e non credenti, possiamo contribuire, ognuno a suo modo, a creare un mondo migliore, anche con e per i giovani, l’ambulatorio offre tirocini per studenti di medicina che vengono settimanalmente e che la vivono come un’attività gratificante e appassionata. Inoltre abbiamo partecipato a vari convegni scientifici come relatori, portando la nostra esperienza. Non siamo isolati, viviamo e lavoriamo all’interno di diversi ambiti”.

Anche Roberto, nonostante i pochi mesi di volontariato, ha già diversi ricordi particolari: “Un giorno è arrivata una giovane somala che inizialmente aveva difficoltà a raccontare la sua storia, poi piano piano, con l’aiuto di operatori e mediatori, abbiamo scoperto che aveva avuto una gravidanza durante la prigionia in Libia e il figlio le era stato sottratto. Durante la visita sono emersi segni di sevizie, per me è stato un momento molto forte, ho toccato di persona la sofferenza e la crudeltà e ho avuto ancora di più la consapevolezza di essere nato in una parte del mondo fortunata. Io credo che il volontariato debba essere anche uno stimolo affinchè le cose cambino“.

E sempre in quest’ottica, formare e informare, nel corso degli anni sono stati organizzati seminari divulgativi sulla gravidanza, il parto, l’accudimento del neonato, sul suo sviluppo e sull’alimentazione, sulle vaccinazioni.

L’ambulatorio è stato anche centro vaccinale durante il periodo Covid: sono stati eseguiti 750 vaccini nel 2021 e 632 nel 2022, tutti a persone che altrimenti non sarebbero state raggiunte dal sistema sanitario. E questo grazie anche al grande lavoro degli operatori che seguono tutte le pratiche burocratiche e amministrative.

I medici dell’ambulatorio sono tutti d’accordo: quando fai il volontario lo fai soprattutto per te, tu ci guadagni facendo del bene agli altri.

 

Se cerchi altre informazioni sugli ambulatori le trovi qui:

L’ emporio in carcere di Caritas Ferrara

L’emporio che Caritas gestisce all’interno del carcere di Ferrara è soprattutto un modo per cercare di far sentire i detenuti meno isolati dal resto del mondo.

“Due mattine a settimana, il lunedì e il giovedì, apriamo questa stanza per distribuire generi di prima necessità ai detenuti indigenti – spiega Michele, operatore – forniamo abbigliamento, prodotti per igiene personale e alimenti di conforto. Cerchiamo di trovare piccole soluzioni a tante situazioni di povertà materiale”.

Le richieste sono molte ed è stato necessario stabilire dei criteri per l’accesso: il detenuto che ha una disponibilità sul conto corrente del carcere di meno di 100 euro può accedere all’emporio e a quello che  si trova già lì gratuitamente, chi ha più di 100 euro può comunque chiedere di acquistare a proprie spese prodotti che non sono inclusi nell’elenco “del sopravvitto”. Di cosa si tratta? Il carcere garantisce  il vitto ai detenuti che possono però comprare anche prodotti “in sopravvitto”, extra. In questo elenco non sono comprese per esempio scarpe, mutande, occhiali e allora, con il progetto dell’emporio, Caritas integra e fa gli acquisti per conto dei detenuti con una maggiore disponibilità economica.

“Avviene tutto un po’ vecchio stile – sottolinea uno dei volontari, Mauro – abbiamo una postazione informatica ma non il collegamento a internet, quindi stampiamo un catalogo cartaceo dei prodotti da cui il detenuto può scegliere una maglia, le scarpe o altro”.

Il progetto dell’emporio è nato nel 2021 e in tre anni 550 detenuti ne hanno usufruito. La media è di circa 150 all’anno.

I volontari e gli operatori Caritas incontrano anche detenuti che educatori ed educatrici segnalano per la possibilità di accedere a misure alternative, affidamento ai servizi sociali, regime di accoglienza o semi libertà oppure detenuti che possono diventare volontari o beneficiari di permessi premio sempre in Caritas. “Quando escono vengono a cercare sostegno, umano oltre che economico – sottolinea Michele – noi cerchiamo di definire per loro un percorso di partecipazione sociale coinvolgendoli nel volontariato e comunque offrendogli i servizi che Caritas mette a disposizione di tutti gli indigenti: dalla mensa all’ambulatorio al guardaroba”.

Come ci si avvicina a un’esperienza di volontariato in carcere, in un ambiente sicuramente particolare e difficile?

Ce la raccontano Mauro, Tom ed Edoardo.

“A livello burocratico è un percorso che richiede tempo, si dà la propria disponibilità e poi devono essere fatti dei controlli per poter entrare in carcere. Una volta ottenuto il nulla osta, la routine è semplice: il lunedì e il giovedì entriamo dalla guardiola, ci danno il pass, superiamo diversi livelli di sicurezza, arriviamo all’emporio e cominciamo con la verifica delle richieste. Le domande devono essere vidimate dall’ufficio conti correnti del carcere, i detenuti possono venire ogni 15 giorni, se la domanda è in regola la riportiamo in guardiola e la polizia penitenziaria poi ci porta il detenuto”.

L’emporio è aperto dalle 9 alle 11,30 e in media si presentano tra le 15 e le 20 persone, ricevono  indumenti, alimenti come cracker, biscotti, oppure prodotti per l’igiene come dentifricio o bagnoschiuma. Sono tutti generi già presenti nell’emporio, messi a disposizione da Caritas, anche grazie a fondi di privati o altre associazioni come la Ceramica Sant’Agostino o i Lions di Ferrara.

“L’emporio ci permette, oltre che di rispondere ai loro bisogni materiali, di incontrare i detenuti e valorizzare la relazione con le persone – lo sa molto bene Mauro, volontario di Caritas dal 2021, quando è iniziato questo servizio in carcere – ho 71 anni e sono in pensione, mi è arrivata l’informazione che c’era bisogno di volontari, non avevo mai partecipato a un progetto di volontariato in carcere, le cose nuove mi piacciono e così ho provato. Dopo tre anni continuo con lo stesso entusiasmo, l’aspetto bello è dato dalla possibilità di aiutare queste persone, che ti fanno anche arrabbiare a volte, ma sento che hanno il bisogno di avere questa opportunità di parlare con qualcuno esterno, di un incontro umano”.

Tom e la moglie sono arrivati dalla Scozia nel 2017, dopo essere andati in pensione. Lei è stata la prima a diventare volontaria in Caritas e poi piano piano ha convinto anche Tom.

“In Scozia non c’è questa tradizione così forte del volontariato. Io l’ho trovata molto interessante perché si aiuta gente che non ha abbastanza denaro, persone che hanno famiglie lontane o povere, non in grado di mandare fondi al detenuto. La maggior parte di loro sono educati, apprezzano quello che facciamo, ci ringraziano, poi ci sono anche quelli più difficili da gestire o con cui è complicato interagire: detenuti che non parlano in italiano e allora quando scoprono che parlo anche inglese si aprono di più. Alcuni sono esigenti, va detto, magari vogliono scarpe di un certo tipo e noi non le abbiamo e non possiamo procurargliele, a meno che non abbiano sopra i 100 euro sul conto, a quel punto gliele possiamo recuperare e provare ad accontentarli”.

Anche Edoardo, 60 anni, è diventato volontario Caritas dopo la pensione: “Volevo mettere a disposizione il mio tempo libero, ho cercato su internet e ho trovato Caritas, ho scelto il carcere perché mi sembrava l’esperienza più utile. Dopo un periodo di verifiche, dove ho fatto altre attività, alla fine del 2021 ho ottenuto l’autorizzazione e ho iniziato. Incontriamo giovani, anziani, italiani, stranieri, c’è chi capisce subito che stai facendo un servizio per loro, altri che ci mettono più tempo. Alcuni sono un po’ prepotenti, però alla fine apprezzano, magari non sono soddisfatti perché non riescono ad avere quello che vogliono ma non sono mai eccessivi. È una cosa che continuo a fare volentieri perchè ti rendi conto che stai facendo del bene anche a chi è scontento, se viene all’emporio è perchè ha bisogno. C’è qualche detenuto che si ferma anche solo a  chiacchierare  e permette a te di dargli qualcosa, ma anche di capire quanto può essere complicata la vita, è un assaggio di vita reale”.

Massimiliano, 53 anni, era uno di quelli a cui piaceva parlare: “Sono stato arrestato nel 2019 e, come molti detenuti, non sapevo come mantenermi, anche facendo piccoli lavori si fa fatica. L’emporio mi ha dato una grossa mano, vai a prendere un bagnoschiuma, un asciugamano, un pacco di caffè. È un aiuto fondamentale, specie se non hai nessuno fuori che ti possa mantenere. L’emporio mi è servito anche per incontrare persone che mi hanno aiutato fuori. Dopo 3 anni in carcere, tramite l’educatrice, ho conosciuto la Caritas e i suoi progetti, Michele si è offerto di ospitarmi presso il Centro San Giacomo dove condivido un piccolo appartamento con altri detenuti in misura alternativa. Il centro si trova in via Arginone, la stessa via del carcere: un “trasloco” di poche centinaia di metri che però rappresenta per me un passo decisivo verso un futuro migliore. Al momento sono in affidamento ai servizi sociali e faccio diversi lavori come volontario, sono bravo con i lavori manuali, in passato ho montato finestre, ho fatto il carrozziere, il meccanico, me la cavo in diversi ambiti. Il mio fine pena è nel 2025 sulla carta, poi vediamo cosa succede, spero di poter trovare un lavoro, una casa e so che Caritas mi aiuterà anche in questo perchè non abbandonano nessuno”.

Se vuoi collaborare al progetto dell’emporio in carcere puoi prendere contatti e informazioni qui:

Di più non possiamo fare, ma possiamo sempre farlo meglio!

La mensa di Caritas Ferrara cerca volontari

Se non sai cucinare puoi impiattare, se non sai impiattare puoi distribuire e se non hai tempo puoi fare il caffè o offrire una spesa, un modo per aiutare si trova sempre.

Si può fare il volontario alla mensa di Caritas anche se non si è cuochi provetti o camerieri esperti?
Certo che sì, e specialmente nel periodo estivo c’è davvero bisogno di tutti.

QUI TUTTE LE INFORMAZIONI UTILI SUL SERVIZIO MENSA

 

«Siamo sempre in cerca di volontari, ma in luglio e agosto questa esigenza aumenta – spiega Carlo, operatore di Caritas Ferrara – arrivano le ferie, chiudono le scuole e i nonni passano molto più tempo con i nipoti invece che qua, ma chi viene a mangiare da noi in vacanza non ci va e quindi c’è sempre bisogno dell’aiuto di tutti, anche solo per preparare le colazioni o distribuire i pranzi. Si può fare volontariato e donare il proprio tempo in tanti modi diversi».
E chi di tempo proprio non ne ha, può anche decidere di donare una spesa, non è nemmeno necessario chiedere di cosa c’è bisogno, i beni di prima necessità come la pasta, il latte, l’olio, alimenti che durano, che si possono conservare e che vengono usati quotidianamente, sono sempre bene accetti.
Il servizio mensa parte la mattina con le colazioni: i volontari arrivano  tra le 7 e le 7:30, preparano il caffè e le paste, che solitamente  vengono offerte da pasticcerie o forni, ma, per sicurezza, in dispensa biscotti e brioches confezionate ci sono sempre, altro bene da mettere nella lista della spesa da “donare”.
«Dalle 8:15 si apre agli utenti, a tutti indifferentemente, non chiediamo documenti – sottolinea Carlo – il servizio è per chiunque ne abbia bisogno».
Alle 9:30 i volontari del turno colazioni hanno finito, e possono andare a casa. Nel frattempo, alle 9:00, sono arrivati i volontari del turno pranzo, che prestano servizio in cucina, appunto per preparare il pranzo. Ogni giorno devono essere almeno in tre, per far da mangiare a 70, 80, a volte anche 100 persone, quelle che qui a Ferrara quotidianamente pranzano alla Caritas. Dopo i cuochi e le cuoche, alle 11:30 arrivano i volontari “del bancone”, che invece gestiscono la sala: preparano i tavoli, distribuiscono i vassoi dei pasti, regolano l’ingresso e l’uscita dei commensali. Anche loro devono essere almeno in 3 affinché il servizio si svolga in modo fluido e regolare. A quelli della sala e della cucina si aggiungono poi, a mezzogiorno, i volontari del ”mercatino”: chiamiamo così la distribuzione di alimenti freschi, per lo più frutta e verdura, recuperata dai supermercati di Ferrara che ci donano i prodotti prossimi alla scadenza. Quelli che non utilizziamo in cucina li distribuiamo direttamente alle persone bisognose da una specie di bancarella che allestiamo all’uscita della mensa.
La mensa Caritas è aperta per il pranzo dalle 12:30 alle 13:30, tutti i giorni della settimana. Il pasto è gratuito: primo, secondo, contorno, pane, dolce e frutta, a scelta con o senza carne di maiale oppure menù vegetariano. Il turno di servizio dei volontari si conclude alle 14:00 con la pulizia della cucina e della sala.
Dalle 9:00 alle 14:00 il servizio in cucina sono tante ore, è vero, ma, come racconta Carlo: «Ci sono turni di servizio più brevi: al bancone della sala, dalle 11:00 alle 14:00, o al mercatino, dalle 12:00 alle 14:00. Si deve comunque considerare che la mensa Caritas, per quanto gratuita e non professionale, funziona come un vero e proprio servizio di ristorazione, interamente gestito dai volontari, e dunque, sì, è un impegno “serio”. Proprio per questo la disponibilità che chiediamo ad ogni singolo volontario è per un solo giorno a settimana».
Di esperienza, prima come volontario e poi come operatore, Carlo ne ha parecchia: «Sono arrivato nel 2018 per il Servizio Civile, ho lavorato nel centro di accoglienza e poi anche in mensa. Nel 2020 sono stato assunto come operatore. Certo questo ora è il mio lavoro ma è prima di tutto un’esperienza formativa, ti arricchisce. Torno a casa consapevole di aver fatto qualcosa di utile per gli altri e vado a letto più sereno».
Oggi in cucina ci sono Raffaella, Malek e Nadia. Sono loro i cuochi volontari del pranzo di questo venerdì.
«Ho 72 anni e prima di andare in pensione facevo il medico – racconta Raffaella, mentre non smette un secondo di riempire piatti – conoscevo amici che venivano già qui e allora, due anni fa, li ho seguiti. Faccio servizio il venerdì in cucina dalle 9 alle 14. Oggi, in base a cosa abbiamo trovato in dispensa, abbiamo preparato pasta al sugo, che va bene anche per chi non mangia maiale, cappellacci, spezzatino di salume, polpettine e hamburger di verdura sempre per chi non mangia maiale o carne in generale, patate arrosto, zucchine peperoni e melanzane e anche pomodori in insalata».
Chiediamo a Raffaella cosa direbbe se dovesse lanciare un appello per convincere qualcuno a venire a fare il volontario in mensa.
«Venite perché è un ambiente dove si riceve molto, se si è in tanti è meno faticoso e si sta bene in compagnia. Io ho sempre avuto vicino un’altra volontaria, Maria, che è stata il mio faro e tra di noi è nata un’amicizia grande. Ci intendiamo bene anche con chi non parla italiano, come Nadia o chi non lo parla ancora bene come Malek».
Anche Malek continua a cuocere pasta, condirla, lavare pentole, la fila fuori dalla mensa è ancora lunga.
Viene dalla Tunisia, ha 37 anni e un passato nella boxe professionistica.
«Quando ho smesso sono andato a lavorare in Libia, era il 2012, poi sono tornato in Tunisia e ho aperto una pizzeria insieme alla mia famiglia, avevamo 12 tavoli, mi piaceva molto fare il pizzaiolo, ma poi è arrivato il Covid, abbiamo dovuto aprire e chiudere tante volte e non riuscivamo più a coprire le spese. Allora, nel 2022, ho lasciato il mio paese e su un barcone, come tanti, sono venuto qui in Italia. Dalla Sicilia mi sono spostato al Nord, ho lavorato come metalmeccanico in fabbrica, poi mi è scaduto il permesso di soggiorno. A quel punto sono arrivato a Ferrara e adesso aspetto il rinnovo per poter lavorare di nuovo. Sono venuto a mangiare qui in Caritas per quasi un anno, poi mi hanno chiesto di fare il volontario e da un mese sto in cucina».
Dalla sala mensa come ospite alla cucina come volontario, pochi passi e Malek si sente decisamente meglio.
«Sì perché mi piace stare in cucina, darmi da fare, aiutare. Voglio restare in Italia, farmi una famiglia qua, amo Ferrara perché è una città solidale, sono sempre stati molto gentili e disponibili con me».

Il Guardaroba sociale di Caritas unisce storie e percorsi

Un luogo d’incontro dove si incrociano tante frontiere: il magazzino del Guardaroba sociale di Caritas unisce storie e percorsi diversi. Stare insieme per aiutare chi ha bisogno.

Un luogo d’incontro prima che di assistenza. Il magazzino del “Guardaroba sociale” di Caritas Ferrara vuole essere prima di tutto questo.

QUI TUTTE LE INFORMAZIONI UTILI SUL GUARDAROBA PER DONARE E RICEVERE

«Qui in via Arginone 165 svolgiamo una delle attività più tradizionali della Caritas – racconta Michele, operatore – recuperiamo gli indumenti usati per distribuirli poi alle persone bisognose. La parrocchia di San Giacomo ci ha messo a disposizione questi locali perché noi stavamo cercando spazi più grandi rispetto a quelli della sede di via Brasavola per la raccolta, la selezione e lo smistamento degli abiti. Per Caritas questo, prima di essere  un servizio, vuole essere luogo d’incontro e relazione».

E in queste stanze, a smistare vestiti, si ritrovano infatti operatori, volontari, e persone assistite dalla Caritas: è un incrocio di tante frontiere, di percorsi diversi, dalle studentesse universatarie  impegnate nell’anno di volontariato sociale, ai detenuti in affidamento, agli stessi utenti del guardaroba: persone bisognose che si offrono di collaborare al servizio di cui esse stesse beneficiano.

«Noi facciamo servizio insieme, per stare insieme – prosegue Michele – le persone ci regalano gli indumenti che non usano più; noi li verifichiamo, che siano puliti e in buono stato,  li separiamo per tipologia e poi li portiamo alla mensa Caritas o in carcere, dove altri volontari li distribuiscono gratuitamente alle persone indigenti. Qui, al magazzino di via Arginone, non si fa distribuzione. Non eroghiamo nessun servizio. Ma chiunque passi per consegnare indumenti, chiederne per sé, o curiosare, lo invitiamo a fermarsi con noi e darci una mano, per il tempo che ha e vuole condividere, anche dieci minuti soltanto. Il nostro è un gruppo aperto, di partecipazione. A volte la gente abbandona i vestiti davanti alla porta del nostro magazzino, senza neppure accertarsi che sia aperto.   E spesso troviamo nei sacchi  indumenti sporchi e stracciati, da buttar via. Questo non ci interessa. Non siamo un’isola ecologica. Riciclare per i poveri gli abiti dismessi non è neppure il nostro obiettivo primario.  Di indumenti ne recuperiamo anzi fin troppi, tanto che abbiamo limitato la raccolta ai soli vestiti  da uomo, per le persone che vivono in strada, quasi esclusivamente maschi, e per i detenuti del carcere maschile di Ferrara.  Abbiamo provato a istituire anche un servizio di raccolta per donne e bambini, ma siamo stati letteralmente sommersi dai vestiti, tanto da non poterci neppure più  girare gli uni verso gli altri, completamente assorbiti da una frenetica attività di carico, scarico,  cernita, imballaggio…Non vogliamo che il servizio soffochi la relazione tra le persone, ma piuttosto che la sostenga e la promuova Che sia nell’incontro e nella collaborazione un dono e non una prestazione, sia pure di natura assistenziale. Così cerchiamo di costruire, intorno alla raccolta degli indumenti usati –  una delle attività  tradizionali della Caritas –  una piccola e accogliente comunità di servizio».

Che il magazzino di via Arginone sia un incrocio di tante frontiere, lo dimostrano le storie dei volontari e delle volontarie che troviamo impegnati, un pomeriggio come tanti, nell’attività di selezione e smistamento degli indumenti usati.

Kamand viene da Urmia, in Iran, ha 18 anni e qui a Ferrara è al primo anno di Fisica. «Ho studiato un anno e mezzo l’italiano e ho dovuto fare un esame richiesto dall’ ambasciata per ottenere il visto di studio – spiega in un italiano invidiabile – e l’ho fatto perché volevo venire a studiare Fisica all’Università di Ferrara, sapevo che collabora con il Cern ed è sempre stato il mio sogno poter lavorare lì. Sono stata fortunata, ho superato l’esame, l’ambasciata e l’Università mi hanno accettata come studentessa straniera e posso restare per la triennale. Per la magistrale si vedrà».

Kamand è arrivata a dicembre 2023 e ha scelto di fare la volontaria in Caritas perché sua madre da sempre collabora con la Croce Rossa. «Lei mi ha insegnato che devo aiutare gli altri,  così ho cercato un posto dove poterlo fare. Qui mi trovo bene, ho imparato cose che prima non sapevo, sulle persone, sui comportamenti, ho visto le famiglie in difficoltà, anche per strada, ora so meglio cosa succede nel mondo. Ho scelto Fisica perché sono affascinata dal concetto del tempo, nessuno sa come funziona, il mio obiettivo è poterlo studiare. E qui in Caritas mi ha colpito il fatto che i pensionati, invece di riposare, dedicano il loro tempo ad aiutare la gente, è un tempo che invece di essere per loro è per la comunità».

Anche Yahya, 31 anni, arriva da lontano e una parte del suo “tempo” lo ha passato a venire, passo dopo passo,  da Peshawar in Pakistan, a Udine in Italia. «Nel 2013 ho lasciato il Pakistan per fuggire dai Talebani che avevano occupa il mio villaggio e rapito mio fratello. Ho percorso molti chilometri a piedi, tra una frontiera e l’altra, e poi in camion, in auto, in moto, in treno, con qualunque mezzo trovavo per andare ancora avanti. Ho attraversato boschi, montagne, fiumi; mi sono fermato in Turchia un anno e di lì  poi ho attraversato  la Bulgaria la Serbia l’Ungheria. Quando la polizia mi fermava, mi sono sempre consegnato senza cercare di fuggire e senza  fare resistenza, perché io cercavo solo una vita migliore e questo non è un crimine. In Bulgaria mi hanno tenuto in carcere per tre mesi in condizioni terribili, ma poi mi hanno lasciato andare.  Infine nel 2015 sono arrivato in Italia, prima ad Udine e oggi a Ferrara. La mia vita  è stata segnata da molte  fatiche e anche  errori di cui ho pagato le conseguenze. Oggi la Caritas mi sta aiutando a rimettermi in cammino, sulla strada giusta, per trovare infine sicurezza e serenità, anche per la mia famiglia rimasta in Pakistan. E io cerco di restituire l’aiuto che ricevo facendo volontario  in mensa o qui, al magazzino del guardaroba».

Yahya aveva un permesso di soggiorno per  protezione internazionale che, alla scadenza, non è riuscito a rinnovare nei tempi prescritti dalla normativa, rimbalzando da un ufficio all’altro per ritrovarsi infine  intrappolato nel labirinto della burocrazia, in un limbo di precarietà sociale. Oggi finalmente con il sostegno della Caritas è riuscito a formalizzare la richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno, di cui ancora non conosce l’esito, ma lo conforta che «qualcuno, almeno, in qualche ufficio,  si è finalmente accorto che esisto». «Aspetto di prendere il permesso di soggiorno per avere un lavoro. Senza quello vedo tutte le porte bloccate. E nel frattempo mi fa piacere dare una mano a persone che hanno bisogno perché so cosa vuol dire non avere niente».

Iulian vive in Italia da 25 anni, più della metà della sua vita, visto che ne ha 45. E’ arrivato dalla Romania. È panettiere e per molto tempo ha avuto una sua attività vicino a Cuneo. Poi, per motivi familiari,  che tace in un sorriso amaro “le cose della vita”, ha chiuso l’attività e si è trasferito a Ferrara, per ricominciare. «Adesso lavoro nella sicurezza. Alla Caritas mangio ogni tanto, alla mensa di via Brasavola, e prendo qualche vestito al guardaroba, perché non sempre ce la faccio a pagare tutto con lo stipendio. Mi sono sempre trovato bene, buon cibo, bei vestiti, anche firmati!. Poi adesso posso portare a lavare i miei indumenti sporchi, perché nel guardaroba è stato attivato anche il servizio di lavanderia: li porto il  martedì e vado a riprenderli puliti il venerdì. Per me anche questo è un aiuto importante perché non ho la lavatrice in casa. In Caritas un piatto caldo lo trovi sempre. Per questo se hanno bisogno,  li aiuto volentieri. Mi piace che mi considerano parte del loro gruppo; che sono la Caritas anche io».

Iran, Pakistan, Romania e, per aggiungere un’altra frontiera, anche Albania, paese di origine dei genitori di Viola, 24 anni, anche lei studentessa di Fisica, al terzo anno. «Sono nata in Italia, vengo da Rimini. A settembre 2023 l’Università ha mandato una mail agli studenti dove chiedeva chi fosse interessato a fare volontariato. Io l’ho sempre fatto a Rimini, e così ho risposto e  sono arrivata in Caritas. Quando sono venuta a vedere questi locali erano vuoti e sporchi, abbiamo pulito e imbiancato, ripristinato tutto, messo i mobili, i tavoli. E siamo partiti. Oggi arrivano ancora molte persone che lasciano i sacchi neri della spazzatura, con dentro i vestiti, davanti alla porta. Li abbandonano proprio. Per fortuna però molte altre hanno capito e vengono negli orari giusti. Noi smistiamo, selezioniamo e gli abiti usurati li scartiamo. Per me è un’esperienza molto bella, che ti fa sentire meglio, è la quotidianità che ti fa stare bene, portare avanti ogni giorno un progetto di solidarietà tutti insieme».

Pomeriggi di gioco per “Crescere Insieme” a Caritas

Così Caritas aiuta mamme e bambini a integrarsi per sentirsi meno soli e costruirsi un futuro

Imparare ad essere genitori consapevoli in un paese straniero, con una cultura, leggi, medicine e anche cibi diversi. È questo l’obiettivo del progetto di Caritas Ferrara Crescere Insieme, rivolto alle mamme e ai bimbi che fanno parte del più ampio progetto di accoglienza per richiedenti asilo.

Caritas Ferrara ospita circa 130 tra donne, bambini e nuclei familiari. Di questi, una trentina di bimbi sotto i sei anni partecipano al progetto, che è nato quasi un anno fa, a giugno del 2023, proprio per favorire lo sviluppo del benessere del bambino e aiutare il genitore ad accompagnare nella maniera più giusta questo percorso.

«Crescere Insieme coinvolge i bimbi stranieri che per motivi burocratici non riescono a entrare negli asili o nei centri per le famiglie – spiega Marika, assistente sociale di Caritas Ferrara – le madri non hanno ancora i documenti in regola e di conseguenza non possono per esempio avere lo Spid e questo le taglia fuori dal sistema. Volevamo sviluppare delle attività per questi bimbi e favorire la loro inclusione».

Le attività poi si sono moltiplicate a seconda dei bisogni espressi dai diretti interessati e ad oggi, all’interno del progetto Crescere Insieme, sono previsti appuntamenti dedicati al massaggio infantile e alle consulenze pediatriche.

«Uno dei momenti più belli è quando, il mercoledì pomeriggio, grazie al coinvolgimento di un gruppo di ragazzi volontari, i bambini giocano tutti insieme – racconta Marika – in questo modo imparano a interagire tra di loro, a socializzare. Ci sono bambini che a 3 – 4 anni ancora non parlano bene nessuna lingua perché sono esposti a tante lingue diverse, parlano italiano con noi operatori, un’altra lingua con la madre, magari un’altra ancora con le persone con cui condividono l’abitazione. Questi momenti sono importanti per capire se una difficoltà nell’esprimersi è legata solo alla lingua o magari nasconde dei problemi di altro tipo. A volte partecipa anche una neuropsichiatra volontaria che fa da filtro per segnalare eventuali situazioni particolari alla neuropsichiatria infantile. E poi sono momenti pensati anche per dare un po’ di relax alle mamme».

Altro momento particolarmente importante è quello dei gruppi psicosociali e orientamento al territorio. Si parla con le madri di diritti delle donne, dei bambini, delle tutele che ci sono in Italia per entrambi.

«Grazie a questi incontri cerchiamo di far capire a queste ragazze, anche con esempi concreti, una nuova cultura – sottolinea Lorena, psicologa del progetto Crescere Insieme – allestiamo anche piccole scene teatrali, attività pratiche, così da far capire ancora meglio come ci si deve comportare in certe situazioni. I gruppi psicosociali sono momenti molto belli, perché viene fuori tutto. Le mamme si aprono, condividono, è un raccontarsi a vicenda, un interscambio continuo, anche noi operatori ci svestiamo del nostro ruolo, si respira un’aria più leggera e rilassata e anche noi impariamo da loro perché escono racconti inerenti la loro cultura. Si mettono in gioco molto di più che nei colloqui singoli».

Tutte le attività del progetto nascono dall’analisi delle reali difficoltà incontrate da queste madri: comportamentali, linguistiche, nutrizionali, ogni idea è pensata per lavorare su un’esigenza. In Somalia, Costa d’Avorio, Guinea, solo per citare alcuni dei paesi da cui provengono queste donne, è tutto diverso.

Rientra nel progetto Crescere Insieme anche Le parole della nascita, un percorso di accompagnamento alla nascita per mamme straniere, appena arrivate in Italia, che non avendo ancora i documenti non possono frequentare i corsi dei Centri per le famiglie.

Marika ha 29 anni e viene da Palermo. Lavorava già per la Caritas della sua città ma quando ha avuto un’offerta da quella di Ferrara “il suo cuore” le ha detto di trasferirsi qui. E così ha fatto nell’ottobre del 2021. “Sono rimasta colpita dalle attività che facevano in vari ambiti, dall’immigrazione alla povertà. C’è sempre stata una grande attenzione per donne e bambini e io volevo dare una mano perché queste donne potessero diventare autonome”.

Lorena di anni ne ha 30, viene da Napoli ma vive a Bologna. «Ho un master in psicologia dell’emergenza e ho lavorato in un Cpr (Centro di permanenza per i rimpatri) per soli uomini a Milano. Ero stanca del contesto, del fare avanti e indietro. Caritas Ferrara stava cercando, ho visto l’annuncio, ero più vicino a casa, potevo lavorare con donne, per me era un sogno. Qui c’è un’equipe bellissima che mi ha subito fatta sentire parte integrante di tutti i progetti».

Di questa equipe e del progetto Crescere Insieme fa parte, come volontaria, anche Bernardetta, 71 anni, pediatra in pensione.

«Ho spesso lavorato con pazienti immigrati: albanesi, serbi, croati, bosniaci, africani. Alla Caritas sono arrivata perché abito vicino alla sede di via Brasavola. Sono volontaria da gennaio del 2024: una volta alla settimana incontro mamme e bambini ma non è una visita pediatrica, è più una consulenza su quello che una mamma può percepire come problema. Ad esempio molte si lamentano perché il bimbo non dorme. Ma tanti bambini, anche italiani, hanno questo problema. In questo caso si tratta di piccoli che stanno molto fermi. L’attività del mercoledì pomeriggio li fa giocare e muovere tutti insieme, con i cubi, i lego, con tutto ciò che si può costruire. Viene stimolata la fantasia del gioco, il movimento, la corporeità, si legge, si disegna con le mani e con i piedi, si ascolta la musica e si balla. E anche le mamme imparano a giocare con i loro bambini. Più la mamma si rilassa più il bimbo dorme. Cerchiamo di far capire l’importanza del camminare, del movimento, dell’andare in bicicletta.

Altro problema sentito, lo svezzamento: evitiamo di dare troppe regole, vediamo come stanno i bambini, se sono sani, ma non ci sono bimbi denutriti o malnutriti».

Come per Marika e Lorena, anche per Bernardetta questo lavoro è fonte di arricchimento.
«Mi affascinano le persone di ogni cultura, perché ci diamo qualcosa a vicenda. In Caritas sono rimasta colpita dagli operatori, hanno l’accoglienza nel cuore, provano affetto vero, per loro gli ospiti non sono casi ma mamme e bambini con nomi e cognomi, è un valore aggiunto, un dato davvero qualificante».

Tra le mamme che partecipano al progetto Crescere Insieme c’è Nuura, 19 anni. Arriva dalla Somalia e mentre racconta la sua storia suo figlio Aman, che ha un anno e mezzo, dorme abbracciato a lei.

«Sono partita dalla Somalia perché c’era la guerra ma il motivo principale è che non avevo un buon rapporto con mio marito, volevo separarmi da lui ma ogni volta la famiglia mi faceva ritornare, così sono scappata con dei trafficanti. Ero già incinta, abbiamo attraversato Etiopia e Sudan e siamo arrivati in Libia, lì ho partorito nell’ottobre del 2022».

Un anno dopo Nuura e Aman salgono su un barcone in direzione Sicilia. Vengono raggiunti in mare da un’altra imbarcazione e trasportati a Lampedusa. È il 30 settembre del 2023. Dopo quattro giorni in una struttura viene trasferita a Bologna e la Caritas di Ferrara la va a prendere. Oggi vive a Ferrara in una casa insieme ad altre mamme con i loro bambini. Non sono tutte somale, per capirsi parlano un po’ in arabo, un po’ in italiano e un po’ a gesti.

«Sono contenta di stare qui, frequento corsi di italiano, vedo psicologi e assistenti sociali, mi insegnano come muovermi sul territorio, che documenti devo avere».

Nuura è una richiedente asilo, ha già fatto richiesta per lo stato di rifugiato ma ci vuole tempo. La Somalia è un paese ufficialmente in guerra e quindi il percorso è più veloce di altri, ma parliamo sempre di uno o due anni per avere il riconoscimento. Una volta ottenuto vorrebbe restare in Italia.
«Vorrei trovare un lavoro, imparare bene la lingua, essere una donna indipendente e poter crescere mio figlio».

La conversazione con Nuura, che per ora parla solo somalo, non sarebbe potuta avvenire senza l’aiuto di Rabbiia, mediatrice culturale.

«Ho 47 anni. Sono nata in Somalia ma vivo in Italia da 32 anni. All’inizio del 1992 sono scappata dalla guerra, avevo un fratello che già viveva in Italia e volevo raggiungerlo. Sono partita da Merka verso il Kenya, in barca, un viaggio lungo tre notti e tre giorni con mia sorella e sua figlia. Sono rimasta in Kenya fino al 22 maggio del 1992 quando mio fratello è venuto a prendermi per motivi di studio perché mi aveva iscritto alla Città del Ragazzo. Dopo due anni ho iniziato a lavorare nell’abbigliamento e non mi sono mai fermata, ho fatto anche la commessa. Più o meno 8 anni fa la Caritas mi cercò perché aveva bisogno di somali che parlassero italiano e io accettai con entusiasmo, mia figlia andava a scuola, facevo un lavoro part time e avevo del tempo libero. Pensavo di fare volontariato, poi è diventato un lavoro. All’inizio piangevo, poi ho imparato a gestire le emozioni. Le mamme che arrivano non sanno nulla di noi e viceversa, quindi il primo contatto serve per tranquillizzarle, per capire da dove vengono, chi sono. Non c’è subito fiducia, bisogna guadagnarla. Uno dei momenti più belli che ho vissuto è stato  accompagnarle in ospedale per partorire, io ero la figura di riferimento, mi sono sentita davvero utile. I momenti di pesantezza sono tanti, ma insieme a volontari e operatori condividiamo sensazioni ed emozioni».

Il tuo 5×1000 lo portiamo in tavola alla mensa di Caritas Ferrara

Donare il 5×1000 a Caritas Ferrara significa permetterci ogni giorno di offrire 100 pasti a chi non può permetterseli. 

“Noi letteralmente il 5×1000 lo cuciniamo, perché lo investiamo prevalentemente nella nostra mensa, va direttamente dentro al piatto delle persone bisognose di cui ci occupiamo”, spiega Michele Luciani, operatore Caritas.

Donare il 5×1000 a Caritas Ferrara è una forma di solidarietà a chilometro zero, chiunque può constatare di persona come viene speso, basta mettersi un grembiule e diventare volontario della mensa. In questo modo si fa qualcosa di concreto e utile per qualcuno di veramente vicino.

Come ha scelto di fare Emily, che da 10 anni è un’operatrice di Caritas e gira ogni giorno con un furgone per recuperare i prodotti invenduti dei supermercati.

“Frutta, verdura, latticini, salumi, alimenti a lunga conservazione con scadenza breve o ammaccati e non più idonei alla vendita. Ogni mattina, dal lunedì al sabato, copro la zona da via Pomposa fino a Barco. Ultimamente mi stanno dando una mano con un altro furgone anche tre studenti universitari volontari”.

Finita la raccolta, Emily torna in Caritas e scarica i prodotti, che vanno direttamente in cucina e servono per preparare i pasti della mensa del giorno dopo.

Quello che non si trova, viene comprato, ed ecco perché è importante il 5×1000: consente di acquistare alcuni prodotti necessari come il sale, lo zucchero, la carne.

“Mi piace aiutare a creare una condivisione tra chi ha e chi non ha  – racconta Emily  – in questo modo non ci sono sprechi, ma aiuto reciproco. Il momento che preferisco è quando riesco a  riempire le pance e le sporte di tutti”.

Anche per Alì, che alla mensa di Caritas fa il volontario, vedere le persone contente per un pasto caldo è fonte di grande soddisfazione, perché anche lui sa perfettamente cosa significa trovarsi in difficoltà. È algerino, ma vive in Italia da quasi trent’anni.

Nel carcere di Ferrara sta scontando una condanna a 14 anni, è in regime di semilibertà, di giorno esce per fare il volontario e poi la sera rientra a dormire. Ma tra poche settimane avrà saldato il suo debito con la giustizia e tornerà libero.
“Quando sono arrivato in Italia ero un ragazzino, sono stato in una casa famiglia ma poi mi sono allontanato ed ho commesso degli errori che mi hanno portato in prigione. Da tre mesi faccio il volontario nella mensa della Caritas. Io sono un cuoco, ho imparato da una signora romagnola di 88 anni a fare la pasta fresca e la piadina e poi l’ho sempre fatto, dentro al carcere e qualche volta anche fuori.

Qui in Caritas cucino con quello che abbiamo, con quello che ci porta Emily, mi piace aiutare il prossimo, è un modo per pagare per i miei errori, quando gli ospiti mangiano e mi ringraziano, è come se avessi mangiato anch’io”.

Nel futuro di Alì c’è un lavoro nel turismo in Romagna e il desiderio di ritrovare il figlio 14enne ma questa esperienza di volontariato se la porterà sempre dentro.

Proprio come Giuseppe che alla mensa della Caritas pranza tutti i giorni da circa 4 anni.

“Ho 67 anni e dopo un divorzio molto complicato mi sono ritrovato in disgrazia. Facevo l’elettricista industriale ma non c’era abbastanza lavoro e sono finito in mezzo alla strada. All’inizio sono stato accolto in un altro centro dove facevo dei piccoli lavori, mi davano vitto e alloggio e un rimborso, sono rimasto per qualche anno ma poi è cambiato tutto e ho dovuto cercare un’altra soluzione. Per fortuna  sono arrivato alla Caritas. Qui mi danno cibo, vestiti, cure mediche. Attualmente dormo da una conoscente disabile, l’aiuto come posso e lei mi dà ospitalità. Non posso più lavorare a causa di un problema a un braccio e sto aspettando che mi diano la pensione”.

La Caritas per Giuseppe è stata ed è un punto fermo, una certezza, un porto sicuro dove trova anche il calore umano di chi è disposto ad ascoltarlo.
“Qui ti danno aiuto sotto tutti i punti di vista, mi hanno anche comprato il biglietto per andare al funerale di mio fratello a Milano. Sono costretto a vivere così, ma qui mi sento anche contento e per questo non finirò mai di ringraziarli”.

Chi dona a Caritas, può cambiare la vita e il destino di Emily, Alì e Giuseppe.

Destinando il 5×1000 all’Associazione Amici della Caritas di Ferrara – Comacchio, l’organismo di coordinamento del volontariato e di gestione dei servizi di accoglienza e di assistenza,  contribuisci al finanziamento della mensa Caritas di Ferrara, sostieni un’azione concreta e quotidiana di solidarietà.

Nei diversi modelli di dichiarazione – CUD, modello 730 E Modello Unico Persone Fisiche occorre:

1) Firmare nel riquadro “sostegno del volontariato, delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale, delle associazioni di promozione sociale, delle associazioni e fondazioni” (il primo dei 4 previsti);

2) Indicare il codice fiscale dell’Associazione Amici della Caritas: 93080120384.

Clicca qui per conoscere altre informazioni e modi per donare a Caritas.

Emergenza Ucraina, il progetto di Caritas per ridare casa e speranza a chi fugge dalla guerra

La guerra in Ucraina ha diviso famiglie, ma ha anche unito persone, nella solidarietà.

Fin da febbraio 2022 il mondo di Caritas Ferrara si è aperto all’accoglienza, ed è così che le storie di tre donne, si sono incontrate, in una straordinaria esperienza umana.

Vita, fuggita dal conflitto per garantire cure adeguate al figlio con disabilità, Kateryna, ucraina come lei, ma da tempo in Italia e operatrice sociale, Ornella, pensionata volontaria: il progetto Emergenza Ucraina le ha fatte incontrare, ma l’aiuto non è stato univoco, ognuna ha dato qualcosa di importante all’altra.

Vita e suo figlio Artem, vengono da Vinnycja, nell’Ucraina centrale, a circa 200 km da Kiev.
«Sono arrivata in Italia a marzo 2022, con mio figlio, che ora ha 12 anni. La città era sotto bombardamenti e siamo scappati. Dopo una settimana dai parenti, con mio marito abbiamo deciso di andare oltre confine perché restare era troppo pericoloso. Artem ha una disabilità e con la carrozzina non potevano muoverci liberamente durante i bombardamenti, nemmeno i rifugi erano adeguati alle nostre necessità. Così siamo andati in Romania, da lì mio marito ci ha caricati su un autobus e poi è dovuto tornare indietro».  Una volta in Italia, dopo alcuni passaggi in attesa dei documenti, nell’agosto del 2022, sono stati accolta da Caritas, nella struttura di Casa Betania, che è tuttora la loro residenza.

Kateryna conosce bene quel percorso, anche lei è arrivata dall’Ucraina nel 2005, a 21 anni, con il sogno di vivere in Italia.
«All’inizio è stata più dura del previsto, ho dovuto combattere tanto per integrarmi».
La sua laurea in sociologia qui non è riconosciuta, quindi deve ripartire dalla terza media, poi due anni di superiori all’alberghiero e finalmente il primo lavoro in un hotel, ma il Covid sconvolge di nuovo i suoi piani, l’albergo chiude e lei decide di riprendere a studiare e proprio quest’anno si diplomerà in elettronica.

«Ho incontrato tanti ostacoli, mi ricordo ancora quando volevo affittare un appartamento e gli altri inquilini del condominio mi hanno rifiutato. Oggi, dopo lo scoppio della guerra, c’è più comprensione».

Il lavoro di Kateryna in Caritas inizia nel 2022, anche per lei un anno decisivo. Vede un annuncio in cui cercano un mediatore culturale per i suoi connazionali, manda il curriculum e grazie alla sua formazione, entra progetto Emergenza Ucraina.

È stata lei la prima a occuparsi di Vita. All’inizio non è stato facile perché non c’era un luogo attrezzato per un minore con disabilità, poi piano, con l’aiuto di tanti, si è riusciti ad adattare un ascensore e a trovarle una stanza dove anche Artem potesse muoversi con più facilità.

Oggi il ragazzo va a scuola, frequenta l’associazione Anfass e fa anche altre attività, in questo modo Vita ha più tempo da dedicare alla scuola. In Ucraina era ragioniera e pochi mesi prima che scoppiasse la guerra lei e altre mamme di bambini disabili avevano aperto un asilo per loro. Ma poi tutto è cambiato.

Nel suo racconto, Vita cede alle emozioni solo poche volte, e con lei si commuovono anche Ornella e Kateryna. Quando pensa ai progetti per il futuro, il futuro diventa incerto. «Pensavamo di tornare in Ucraina presto, che questa fosse una sistemazione temporanea. Mio marito lavora in Ucraina, ci sentiamo tutti i giorni, lui lì ha una mamma di cui occuparsi e anche i miei genitori sono rimasti lì e sono anziani, quindi per lui è difficile venire via e raggiungerci qui. Io ancora spero di tornare a casa mia, anche se qui mi hanno dato le condizioni più confortevoli, nei limiti del possibile, per me e per Artem. Grazie a loro mi sento sicura».

Ornella era arrivata da poco quando è scoppiata la guerra in Ucraina. «Mi ricordo ancora il giorno in cui queste ragazze hanno iniziato ad arrivare, nel freddo di febbraio, con le loro valige, è stato devastante. Sono rimasta però colpita dalla loro profonda dignità, non si sono mai lamentate, conoscerle è stato un arricchimento emotivo fortissimo. Certo erano diffidenti all’inizio ma poi si è creata una bella amicizia».

Ha 68 anni ed è un’insegnante di inglese in pensione.
«Il riposo non faceva per me. Un giorno di due anni fa, passavo per caso davanti alla sede di Caritas in via Brasavola, ho visto una signora lì fuori e le ho chiesto come potevo aiutare, lei mi ha dato un numero di telefono e così è cominciata la mia esperienza di volontaria: meravigliosa e gratificante, anche se faticosa, perché mi tiene impegnata la mattina e spesso il pomeriggio. Alle donne ucraine insegno italiano perché possano inserirsi nella vita quotidiana e per ottenere la certificazione per il lavoro. Sono tutte istruite, erano impiegate, avvocati, dirigenti di azienda, ma qui devono ricominciare daccapo».

Dal 24 febbraio 2022 ad oggi la Caritas di Ferrara ha preso in carico, nei suoi Centri di accoglienza straordinari e in famiglie accoglienti, 118 persone provenienti dall’Ucraina.
Alcune sono tornate a casa, altre hanno abbandonato il progetto, altre ancora si sono integrate, lavorano e hanno una loro casa, oppure c’è chi si è spostato in Cas diversi.
Ventinove sono ancora ospiti di Caritas: mamme con bambini, e in alcuni casi anche con i mariti che sono riusciti ad arrivare fino in Italia.
Il progetto originale è nato molto tempo fa per i richiedenti asilo e poi si è prestato a diventare un progetto di emergenza per gli ucraini, perché le necessità sono le stesse: vitto e alloggio in primis, oltre ad assistenza scolastica, supporto occupazionale, lingua e integrazione in generale.

«Ogni giorno – aggiunge Kateryna – ci occupiamo di aiutare queste persone nel quotidiano come per esempio andare dal dottore, chiedere spiegazioni sui farmaci, sulle cure. Qui è tutto diverso rispetto all’Ucraina, non è solo una questione di idioma, sono diversi i farmaci e gli iter burocratici. Li seguiamo e aiutiamo nell’inserimento scolastico dei figli, nella ricerca di lavoro».

Qui le donne ucraine non sono più sole, e, nonostante le difficoltà, hanno potuto condividere una ricchezza inestimabile, quella del cuore.

È arrivato Babbo Natale! Grande festa per i nostri bambini accolti

Sacchi stracolmi di giocattoli, cioccolatini, libri e prodotti per neonati sulle spalle di un Babbo Natale davvero speciale…E gli occhi stupendi dei bambini che si illuminano di gioia e di stupore…

Ieri, 22 dicembre, il nostro operatore Carlo ha indossato l’abito rosso di Santa Claus (con annessa lunga barba bianca) per portare tanti doni speciali ai bambini e alle bambine accolte con le loro madri nei nostri appartamenti.

I regali sono stati preparati con amore ed estrema cura dalla nostra operatrice Zina e dalla studentessa volontaria Miriam e distribuiti, oltre che da Babbo “Carlo” Natale, anche dalle operatrici Elisa e Marika.

Una giornata di grande festa, dunque. Il nostro augurio è che questa gioia e questa speranza non abbandonino mai i cuori dei bambini e delle loro madri!

Bisogni e relazioni: ecco il 2023 della Caritas diocesana

Pacchi viveri per oltre 600 famiglie, 45mila pasti in mensa, 200 famiglie accolte, oltre 2mila persone negli ambulatori: sono alcuni dati di 12 mesi di servizio agli ultimi

Nel 2023 si è rinnovato l’impegno della Caritas diocesana di Ferrara- Comacchio a sostegno dei più bisognosi, attraverso la promozione di servizi di assistenza e accoglienza nei quali l’attenzione ai bisogni materiali dei poveri si associa sempre alla cura delle relazioni, in una dimensione di comunità che coinvolge la Chiesa locale e la società civile, per educare alla solidarietà e costruire insieme una città più giusta e accogliente.

Nell’azione sociale delle Caritas assume una rilevanza fondamentale la partecipazione, personale e diretta, alle opere di Carità. I servizi della Caritas sono la casa comune in cui chiunque può mettersi all’opera e accettare la provocazione: aiuta i poveri tu, a casa tua, creando una dimensione “nostra” di quotidianità e prossimità, in cui la carità diventa agibile in modo semplice e concreto. 

Riportiamo di seguito i dati riferiti alle persone assistite dalla Caritas nella nostra Diocesi. 

DISTRIBUZIONE ALIMENTI

Nell’anno 2023, abbiamo assistito complessivamente 1842 beneficiari tramite il servizio di distribuzione alimenti (pacco mensile) per un totale di 613 nuclei famigliari composti, per la maggioranza, da genitori di età relativamente giovane con 3 o più minori a carico. La composizione dei nuclei risulta essere abbastanza eterogenea per nazionalità ed età dei componenti, rimane tuttavia invariato il trend per il quale sono le donne ad assumere il ruolo di capofamiglia. Ben 954 tessere Caritas risultano infatti essere intestate ad una donna. Questo servizio, data la sua non immediata fruibilità, è richiesto per oltre il 90% da nuclei che dispongono di un alloggio, ma non hanno risorse sufficienti per arrivare in autonomia alla fine del mese.

GUARDAROBA SOCIALE

Il servizio di guardaroba sociale si rivolge prevalentemente a persone attualmente senza dimora e/o domiciliate presso uno dei dormitori attivi sul territorio ferrarese. Nel 2023 si sono rivolte al servizio 185 persone, in prevalenza uomini (106) con cittadinanza non italiana. Come già riscontrato per la distribuzione viveri, la fascia di età che maggiormente richiede assistenza risulta essere relativamente giovane: si registra un picco nella fascia di età compresa tra 41e 50 anni seguita immediatamente dalla fascia 31-40.

MENSA SOCIALE

Presso il Centro Caritas è attiva anche una mensa sociale ad accesso libero (non è prevista alcuna procedura di identificazione dell’utenza che ne usufruisce) aperta sette giorni su sette, festività comprese, per colazione e per pranzo. La mensa, gestita da squadre di volontari sia per la preparazione che per la distribuzione dei pasti, nel corso del 2023 ha servito complessivamente 9.100 colazioni e 36.400 pranzi.

ACCOGLIENZA DIRETTA

La Caritas è impegnata anche in attività di accoglienza diretta in collaborazione con la Prefettura, i Servizi Sociali territoriali e/o pronta accoglienza in emergenza. Attualmente, sia presso la struttura di Casa Betania sia in gruppi appartamento autonomi, sono accolti in totale 200 nuclei (donne sole e/o famiglie mono genitoriali al femminile) e 60 bambini in età 0-8 anni.

In supporto agli accolti, nel progetto di accoglienza, è previsto anche un supporto psicologico, un’assistenza legale, un accompagnamento per la durata del progetto di un’assistente sociale.

Per gli ospiti che necessitano di apprendere la conoscenza della lingua italiana, è attiva una scuola di italiano presso la sede stessa dell’Ente composta da un’insegnante e da diversi volontari.

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POLIAMBULATORIO

Il Poliambulatorio conta 15 medici e 3 infermieri che sostengono le diverse attività degli ambulatori medici che sono principalmente concentrate in medicina di base, ginecologia, pediatria, neurologia, ecografia e attività infermieristiche. Tutte le attività svolte presso gli ambulatori si rivolgono prevalentemente a persone senza fissa dimora e/o stranieri impossibilitati ad ottenere assistenza medica. 

Nel 2023 si contano 2336 visite sostenute dalle varie specialità.

La nuova sfida che affiancherà quelle già esistenti è un nuovo progetto realizzato in collaborazione con la Fondazione Fornasini: “Crescere Insieme”.  

Un progetto dedicato a bambini tra 0 e 6 anni, che ha come finalità quella di favorire lo  sviluppo fisiologico del bambino sostenendo la madre migrante nel suo accudimento e che rappresenta per  noi una sfida ed un investimento per il futuro. Nell’attività dei nostri ambulatori, infatti, sono stati rilevati elementi di fragilità delle madri e difficoltà dei bambini in diversi ambiti del loro sviluppo che incidono pesantemente al momento dell’ingresso in ambito scolastico. 

Il progetto ha sede in viale Po a Ferrara con la collaborazione di una rete di professionisti che sta lavorando e avviando percorsi di sostegno individuale e di gruppo.

EMPORIO IN CARCERE

A partire dal 2022 la Caritas gestisce l’Emporio presente all’interno della Casa Circondariale di Ferrara e ha continuato tale impegno anche nell’anno 2023 assistendo 188 detenuti (46% italiani, 54% stranieri) per un totale di 2165 accessi. L’Emporio è una risorsa fondamentale per quei detenuti che, in mancanza di risorse economiche proprie e/o di familiari all’esterno che possano prestare loro assistenza, avrebbero un accesso limitato a beni di prima necessità  come abbigliamento, prodotti per la pulizia personale (shampoo, bagnoschiuma e dentifricio), prodotti per  la pulizia degli spazi e alimenti.

ACCOGLIENZA, TIROCINI E LAVORI PER DETENUTI

Parallelamente all’assistenza all’interno della Casa Circondariale, presso il Centro San Giacomo di via Arginone 165, la Caritas offre accoglienza a detenuti che potrebbero beneficiare di misure alternative alla detenzione, ma che sono sprovvisti di un alloggio proprio nel quale scontare il periodo di detenzione sino a fine pena. Oltre all’accoglienza, per questi detenuti, è prevista l’attivazione di un tirocinio lavorativo di inclusione sociale presso la sede della Caritas per facilitare il loro reinserimento lavorativo una volta tornati in libertà. 

Parallelamente all’accoglienza residenziale dei detenuti, sono attive altre modalità di assistenza dedicate sia a chi può o beneficiare di misure alternative alla detenzione (possibilità di svolgere lavori di pubblica utilità o periodi di messa alla prova presso la sede Caritas) sia a chi gode del beneficio di semi-libertà (possibilità di uscire di giorno in orari prestabiliti per svolgere attività presso l’Ente, ma obbligo di rientrare presso la Casa Circondariale al termine di tali attività).

Fondamentale per la realizzazione di tutte queste attività sono l’impegno costante e la dedizione dei 142 volontari impegnati quotidianamente presso la sede Caritas che si coordinano nella gestione e nell’esecuzione delle singole attività.

Da quest’anno, in aiuto ai volontari, ci sono anche 12 studenti universitari impegnati in un anno di volontariato sociale. 

CERCASI AUTISTI

Per chi fosse interessato, siamo sempre alla ricerca di autisti che guidino i nostri mezzi per il ritiro di alimenti presso le attività commerciali che ce li donano.

Per informazioni: caritasfe@libero.it – tel. 388-9706494.