Lo sportello di ascolto psicologico di Caritas Ferrara e Sipem
“E’ importante sapere che c’è un luogo dove puoi portare le “cose pesanti” che ti senti addosso e le puoi lasciare lì per un po”. In questa frase di Estella Guerrera, psicologa volontaria di Sipem, la Società Italiana di Psicologia dell’Emergenza Sezione Emilia Romagna, è racchiuso il senso dello sportello di ascolto psicologico a cui, dal 2024 è possibile rivolgersi, all’interno dell’ambulatorio medico di Caritas Ferrara, in via Brasavola 19.
Lo sportello è frutto di un protocollo tra Sipem e Caritas partito a maggio dello scorso anno. Ad oggi gli utenti accolti dai sei psicologi coinvolti sono stati 12, per un totale di 27 incontri. Potrebbero sembrare numeri piccoli, ma per i promotori sono indice di un bisogno che va soddisfatto e così si continuerà anche nel 2025, il protocollo è stato infatti rinnovato per un altro anno.
“Ci siamo inseriti nel lavoro dell’ambulatorio sanitario di Caritas – spiega Guerrera – e lavoriamo in rete, l’invio del paziente da noi viene fatto dai medici dell’ambulatorio, se il medico individua delle situazioni che possono beneficiare di un supporto psicologico, manda il paziente a colloquio con noi. Siamo comunque uno sportello aperto, a bassa soglia, quindi se c’è qualcuno che vuole prenotarsi anche spontaneamente, tramite Caritas, può farlo. In generale si accede per ragioni di salute fisica e poi si viene indirizzati al nostro sportello”.
Lo sportello è aperto a tutti i cittadini, italiani e stranieri che accedono ai servizi Caritas.
Chiediamo a Guerrera chi ha incontrato nel 2024: “Chi è senza casa, chi cerca lavoro, chi viene in mensa, persone che non hanno la possibilità di avere un supporto psicologico di altro tipo, che non hanno accesso al servizio pubblico per varie ragioni, anche semplicemente perché non conoscono le possibilità che ci sono. Noi per esempio, se è necessario facciamo un invio, sempre tramite il medico dell’ambulatorio, al Centro di Salute Mentale. Si tratta di un servizio importante per la possibilità di supportare la parte emotiva delle persone, facciamo molto lavoro di supporto psico sociale, cerchiamo di capire che tipo di bisogni, anche non psicologici, la persona ha che impattano sul suo benessere psicologico. Per esempio: il lavoro o una casa precaria sono fonte di stress, si tratta di bisogni di base che incidono sulle possibilità delle persone di percepire benessere. Altro esempio: difficoltà con la lingua: se non parlo non mi sento a mio agio. Il nostro scopo è cercare di capire, insieme a Caritas, che tipo di supporto psicosociale esiste a livello di territorio. E’ fondamentale il tema della rete, fare rete con il Servizio di Salute Mentale e con i Servizi Sociali”.
Guerrera ci tiene a spiegare che non è un intervento di tipo specialistico, non è psicoterapia, “non siamo abbastanza strutturati per una cosa del genere, anche perché ci turniamo in sei e quindi psicologi diversi possono rivedere la stessa persona. Noi siamo qui per cercare di stabilizzare, per fare psicoeducazione, per accompagnare la persona a capire come si sente e come fare a usare le proprie risorse per ricostruirsi. Anche solo aiutandole a trovare un’attività che le possa impegnare durante la giornata, contribuisci a farle sentire meglio: sapere che c’è un posto dove andare se si è in difficoltà aiuta molto”.
Quali sono le problematiche più comuni che sono emerse nei colloqui?
“Sicuramente al primo posto metterei l’inserirsi nel sistema, le difficoltà della lingua (io stessa faccio i colloqui con il traduttore online a volte), l’inclusione sociale, la mancanza di una rete di supporto, sono tutte cose che possono portare a situazioni di isolamento, solitudine, molto rischiose per la salute mentale. Ci sono poi anche problematiche legate a situazioni di sofferenza dovute a traumi, lutti, separazioni da amici e famigliari. Spesso capita che un paziente vada in ambulatorio per l’insonnia, per poi scoprire che in realtà non è un problema fisico ma la reazione ad alcuni tipi di stress. Noi cerchiamo di aiutare le persone a validare le emozioni, a far capire che essere triste può essere una reazione normale in certe situazioni. Poi ci sono problematiche legate al progetto di vita: chi sono, di cosa ho bisogno, cosa voglio, dove sto andando e cosa posso fare per arrivarci, se voglio davvero arrivarci. Spesso le persone sentono dei sintomi fisici, per questo il medico di base è un punto di ingresso. Ci si “preoccupa” del sintomo, noi prendiamo in carico le “preoccupazioni”, le persone hanno bisogno di tempo per capire che quello che sentono è qualcosa di tipo emotivo, poi quando iniziano spesso tornano, questo vuol dire che si ha consapevolezza di uno spazio di ascolto, che c’è un luogo dove puoi portare le cose e le puoi lasciare un po’ lì se sono pesanti.
Per me che sono volontaria di Sipem dall’anno scorso – conclude Guerrera – è stato molto bello partecipare a questo progetto, è stata un’opportunità per dare il mio contributo perché il supporto psicologico sia accessibile a persone che non hanno la disponibilità economica per un percorso a pagamento, persone che vivono in condizioni di possibile emarginazione. E’ bello restituire qualcosa alla comunità in termini di gratuità”.
Il medico di base è il punto di ingresso per lo sportello psicologico, ma ad aprire la porta dell’ambulatorio è letteralmente Bakary Kone, arrivato dalla Costa D’Avorio ormai 8 anni fa e oggi responsabile di tutta l’organizzazione dell’ambulatorio.
“Siamo aperti dal lunedì al venerdì, dalle 11 alle 13 e all’ambulatorio hanno accesso tutti. Per lo sportello psicologico: il paziente va dal medico e questo valuta se farlo entrare nel servizio, gli spiega il percorso, viene creata una cartella Sipem e poi io gli do l’appuntamento in base alla disponibilità degli psicologi”. Bakary, che tutti ormai in Caritas chiamano Bak, è molto sincero e spiega che a volte alcuni pazienti tornano solo se sono in difficoltà, cioè non si impegnano a seguire un certo tipo di percorso, “io magari li rivedo qui per altri motivi e allora cerco di mettere insieme i pezzi, approfitto, chiacchiero, cerco di capire di cosa hanno bisogno e poi aggiorno gli psicologi”. Anche far sì che si presentino all’appuntamento è un vero e proprio lavoro: “Per essere sicuro che vengano 3 o 4 giorni prima li richiamo e poi li richiamo anche il giorno prima. E qualcuno non viene lo stesso”. Non è facile far funzionare un servizio del genere, a volte al dolore psicologico o a quello emotivo non si dà abbastanza peso.
Poi però ci sono anche i casi che dimostrano che si sta percorrendo la strada giusta, nonostante le difficoltà, che il bisogno c’è.
“Abbiamo già le cartelle di due studenti universitari che vorrebbero venire, ma stanno facendo il tirocinio e quindi non riescono a incastrare gli orari e gli appuntamenti. Si tratta di ragazzi che non possono pagare le spese mediche e allora si rivolgono a noi”.
Nel 2024 allo sportello psicologico si sono presentati più uomini che donne, stranieri, ma anche un italiano.
Per Kone poter aiutare queste persone è motivo di orgoglio: “Sono arrivato su un barcone in Sicilia, poi mi sono trasferito a Stienta, in provincia di Rovigo, con un progetto della cooperativa Tutti i colori. Venivo a Ferrara a studiare al Centro Provinciale per l’Istruzione degli Adulti (CPIA), ho preso la terza media, poi ho fatto il Servizio civile con la Croce Blu di Gaiba (RO) e il corso da Operatore Socio Sanitario a Ferrara, ho lavorato in una casa di cura a Ficarolo (RO), poi a Fiesso (RO), nel frattempo facevo ancora il mediatore per la cooperativa Tutti i colori, ho anche portato avanti un progetto di sartoria perché sono sarto. Poi un giorno ho letto l’annuncio di Caritas per un mediatore e sono arrivato qui. Mi hanno messo subito in ambulatorio, visto che ero Oss e potevo aiutare i medici, in più parlo francese, inglese ma soprattutto un paio di lingue che si parlano solo nell’Africa occidentale. Oggi sono contento di quello che faccio, anche se vado avanti e indietro da Fiesso, dove abito. Qui ho visto davvero tanto, l’aspetto bello che mi spinge sempre ad andare avanti è che riusciamo a dare più aiuto di quello che la gente pensa, ci chiedono spesso: ma voi fate anche questo? Sì lo facciamo”.
Oltre ad essere a disposizione dell’ambulatorio, Kone accompagna le persone alle visite, le aiuta a prendere gli appuntamenti, va in farmacia per chi non può, è anche responsabile di una casa famiglia a San Nicolò: “La mia giornata è sicuramente piena e sono molto orgoglioso del mio percorso, non è stato facile, ma se uno vuole ce la fa”.
E se non ce la fa da solo può rivolgersi allo sportello psicologico, la porta gliela apre Bak.