I volti amici del volontariato responsabile di Caritas Ferrara
La scorsa settimana, in occasione della 39esima Giornata Mondiale del Volontariato, abbiamo raccolto il messaggio di Monsignor Gian Carlo Perego, arcivescovo di Ferrara – Comacchio, che invitava a pensare di donare il proprio tempo per un volontariato responsabile, continuativo, perché di questo hanno più bisogno le persone in difficoltà: di certezze, di figure di riferimento, di volti amici.
In Caritas è facile trovarli. Ecco le storie di alcuni di loro.
Amedeo ha 87 anni, è stato un dirigente di azienda e il volontariato lo ha incontrato presto: “Ho iniziato quando avevo 13 anni con gli scout, nel 1951, con l’alluvione del Polesine, ci mandarono in una palestra dove si raccoglievano indumenti che venivano poi distribuiti agli sfollati. Sono rimasto a fare volontariato lì un anno e mezzo circa”. Da quel momento non ha più smesso. Dal 1978/79 al 2010 lui e la moglie Anna Paola sono stati volontari di Amnesty International e hanno fondato il gruppo di Ferrara. “Sono stato proboviro della sezione italiana, vicepresidente e anche presidente nazionale, ho davvero ricoperto un po’ tutti gli incarichi. Quando ho lasciato non ero capace di stare senza fare niente. Sono arrivato in Caritas quattro anni fa tramite mia figlia che è scout, mi ha portato come “vecchio scout” per aiutare a distribuire i pasti in mensa. Poi mi sono dedicato anche al servizio in carcere, sui detenuti sapevo qualcosa, dopo 30 anni con Amnesty International. Alla mensa della Caritas vado ogni venerdì, in carcere una o due volte al mese. Continuo a fare volontariato con gli scout e vado anche a dare una mano all’associazione Viale K”.
Amedeo l’idea di mettersi a disposizione degli altri ce l’ha proprio nel sangue. E’ cresciuta con lui.
“Ho avuto qualche momento difficile qui in Caritas, per esempio quando in mensa ho incontrato due ragazzi giovani che non parlavano, il primo era proprio muto, il secondo piano piano ha cominciato ad aprirsi, è arrivato anche a dirmi che si chiama Francesco e adesso almeno ci sorridiamo.
Anche in carcere ci sono situazioni pesanti. Ricordo un ragazzo giovane di colore che non interagiva, sempre con la testa china, non ascoltava, sembrava un fantasma. Poi ho scoperto che purtroppo era rimasto vittima delle droghe e non si era più ripreso”.
Quale pensi sia il valore del servizio che svolgete per voi stessi, a livello personale, e quale invece per la comunità?
“Per me il valore è sempre quello che ho acquisito sin da quando facevo lo scout: poter favorire qualcuno che è in difficoltà. Io ho avuto la fortuna di non averle. Spero che la comunità apprezzi quello che facciamo”.
Anna Paola è la moglie di Amedeo, ha 79 anni, e si è sempre occupata dell’impresa agricola di famiglia.
“Il volontariato per me è cominciato insieme a mio marito con Amnesty International. La motivazione che mi ha spinta più di tutte è stata la possibilità di fare interventi apartitici, apolitici, legati all’essere umano, poca teoria e molta pratica. Quando Amedeo ha iniziato a venire in Caritas io non ci avevo pensato, poi lui mi ha detto perché non vieni a vedere? Sono venuta ad aiutare in mensa e non me ne sono più andata. E’ il contatto con le persone che mi è sempre piaciuto, anche se l’impatto con gli ospiti è sempre particolare, io sono molto sensibile quando vengono le mamme con i bambini piccoli, cerco sempre di avere un aggancio con loro. Il valore di quello che faccio per me è quello di sentirsi viva in mezzo al mondo, avere dei contatti è basilare, la vita è fatta di relazioni, lo scambio è importante. Penso sempre che è un caso che io sia nata in una parte più fortunata, potevo benissimo essere dall’altra parte. Consiglio a chiunque di fare un po’ di volontariato, certo bisogna avere le spalle per reggere tante emozioni, ma ricevi molto di più di quello che dai”.
Amedeo e Anna Paola le loro scelte di vita le hanno già fatte, Lavinia invece, che ha 19 anni ed è fresca di diploma, ancora non sa bene che direzione prenderà la sua di vita. “Dovevo iniziare l’università ma volevo prima chiarirmi un po’ le idee, ho fatto il Carducci e ho studiato cinese, francese e inglese. Durante il liceo ho fatto un anno in Canada dove ho visto veramente una situazione molto grave riguardo ai senza tetto, dopo il covid lì si è perso il concetto di aiutare l’altro e quando sono tornata mi sono sentita persa anch’io, volevo capire cosa potevo fare per aiutare e così sono venuta in Caritas”.
Lavinia è volontaria da due mesi e l’inizio non è stato facile: “Mi è venuto un attacco di panico in mensa, un ragazzo aveva perso il telefono e aveva iniziato a disperarsi, per fortuna gli altri volontari mi hanno tranquillizzata. Io sono ansiosa e venire qui ha aiutato anche me, adesso quando vedo altri che sono in difficoltà mi viene più facile cercare di calmarli. Faccio la volontaria in mensa il giovedì e due martedì al mese sono al guardaroba per i senza tetto. Quando sono arrivata non nascondo che ho trovato una realtà peggiore di quella che mi aspettavo: non credevo di incontrare così tanti italiani, anche anziani. Questo mi spinge anche a volerne sapere di più sul perché si sono ritrovati in questa situazione, vorrei documentarmi di più. Il valore di questo servizio per me è dato dal fatto che io possa e riesca a lavorare con altre persone, questa è un’esperienza che mi servirà in tutto, anche nel mondo del lavoro. Caritas mi ha dato un posto dove stare, dove fare esperienza, dove aiutare ed essere aiutata. Per quanto riguarda il valore per la comunità: la Caritas non fa sentire le persone solo calpestate dalla vita. Non lascia indietro nessuno”.
Chiara ha 23 anni, viene da Brescia ed è studentessa al 5° anno di medicina. “Ho iniziato a fare volontariato al liceo, con progetti come il doposcuola per bambini, cucinare e servire un pasto caldo per i senza fissa dimora che stavano in un dormitorio, poi raccolta fondi, vendita di arance, panettoni, uova di Pasqua. Quando mi sono trasferita a Ferrara ho iniziato facendo la volontaria con la Croce Rossa e poi sono arrivata alla Caritas, cercavo qualcosa di simile a quello che avevo fatto prima. Mi era piaciuto stare con gli ospiti del dormitorio, il contatto umano. Chiara è stata anche due volte in Brasile, con una onlus di Brescia, nel 2022 e nel 2023. “Ero in un collegio per bambini che vengono dalle favelas, a Fortaleza, una delle città più povere del Brasile, ci occupavamo della manutenzione della struttura, lì però non avevo mai interagito con persone adulte”.
La motivazione che la spinge è molto semplice: “Per me è la cosa più naturale del mondo aiutare chi è meno fortunato di noi. Ho sempre voluto fare il medico per stare con le persone, fa parte del mio carattere”.
Per questo forse quando è arrivata in Caritas credeva di essere più pronta: “In realtà io avevo avuto a che fare con dei bambini in un collegio con un approccio diverso, qui ho incontrato persone che sono state in carcere, vivono per strada, al freddo, all’inizio ho fatto fatica sono sincera. Ora invece mi sento alla pari con gli altri volontari, non ti trattano da studentessa, siamo tutti allo stesso livello, anche con quelli che hanno più esperienza.
Il valore di questo servizio per me è la possibilità di raccogliere storie, ogni storia che sento per me è un valore aggiunto. Per la città spero che il valore risieda in un po’ di umanità che non fa mai male”.
Anche Giulia studia medicina, al 4° anno, ha 21 anni e viene da Milano.
“Sono in Caritas da maggio 2024, la mia famiglia è molto cattolica e io ho sempre respirato l’idea del volontariato come rendersi disponibili per gli altri, vivere pensando solo a se stessi non ti arricchisce come mettersi a disposizione degli altri. La svolta però c’è stata l’anno scorso quando sono andata con mia nonna a Lourdes. Mi occupavo degli ammalati, per dieci giorni sono stata totalmente a disposizione degli altri, dalle 6 di mattina alle 11 di sera. E’ stata un’esperienza unica: ero contenta, nonostante non usassi mai il telefono, ho capito che mi serviva poco per stare bene, mi dava gioia non occuparmi solo di me, poi occupandosi degli altri in realtà ti occupi anche di te stesso, guardi le tue esigenze in un altro modo. Quando sono rientrata ho cercato un luogo che mi facesse tornare a quella dimensione e in Caritas l’ho trovato.
Il valore di questa esperienza per me è proprio questo: ridimensioni tutto, non senti più il bisogno di controllare ogni cosa, vieni qua e senti storie di chi non sa dove dormire, mangiare, come coprirsi, capisci che sono cose che ti fanno crescere e conoscere il mondo senza muoverti da casa. Il mondo è molto più grande di quello che pensi tu, basta guardare la gente attorno a te. Io finora sono stata al servizio di guardaroba e il momento più bello è quando compilo la scheda di registrazione dei nuovi utenti, perché posso fare tutte le domande che voglio e ho sempre incontrato persone che avevano voglia di raccontarsi. Qui mi ha stupito la fiducia nei miei confronti, io mi sono sentita responsabile, è stato bello interagire senza schemi prestabiliti. Non mi sono mai sentita in difficoltà. I volontari sono subito pronti a darti una mano. Il valore di questo servizio per la comunità sta nel fatto che quelle che aiuti sono persone che vivono nella nostra città, ricevere vestiti e pasti caldi gli permette di vivere in un modo più dignitoso ed essere meno arrabbiati nei confronti del mondo, se la tua vita ti sembra allo sbaraglio non ti poni il problema di cosa sia giusto o sbagliato”.
A chi consigliereste il volontariato?
Lavinia: a tutti coloro che a scuola si sono un po’ persi, per ritrovare se stessi.
Chiara: per essere un buon volontario bisogna essere empatici e non giudicanti. Lo consiglierei a chi vuole fare e farsi del bene. Ma te lo devi sentire.
Giulia: io lo consiglio a tutti. Continuo a raccontare le storie che incontro alla Caritas e tre miei amici vogliono venire anche loro, certo è difficile trovare il tempo, ma anche far nascere il desiderio e la curiosità è bello. E’ importante anche chi ti accompagna nel volontariato, ci deve essere fiducia in questa persona.